tag:blogger.com,1999:blog-81224148227680063692024-03-28T17:28:49.586+01:00Lo spirito dei piedi. Il blog di Andrea Bellavite.Unknownnoreply@blogger.comBlogger921125tag:blogger.com,1999:blog-8122414822768006369.post-17841515161341207672024-03-28T14:03:00.004+01:002024-03-28T14:03:46.929+01:00Il sacerdote alpinista Valentin Stanič sulla "vetta" del campanile di Aquileia<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjwTVxwTKAT3wDxPtnmXW0FrC23W0CgMDygwlSM1zHXJS5FTM9Axh6R57NjVFtP0u8Fbu4s1Ghhe-9UdyIrlJGJbi5oGGL86f6esH0xSGSRXpkGT4iwtylmMQ_Xxg-5QZH7q4_wJdkwnf38R4iluEcbD8CH4hKihFwsp0jTtRjrYk8sgmfMVNrKBbIPGsg/s4160/IMG_20240325_110943004.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3120" data-original-width="4160" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjwTVxwTKAT3wDxPtnmXW0FrC23W0CgMDygwlSM1zHXJS5FTM9Axh6R57NjVFtP0u8Fbu4s1Ghhe-9UdyIrlJGJbi5oGGL86f6esH0xSGSRXpkGT4iwtylmMQ_Xxg-5QZH7q4_wJdkwnf38R4iluEcbD8CH4hKihFwsp0jTtRjrYk8sgmfMVNrKBbIPGsg/s320/IMG_20240325_110943004.jpg" width="320" /></a></div>In occasione del giovedì santo, ecco una curiosità. Valentin Stanič, una delle figure più interessanti della storia dell'Arcidiocesi di Gorizia, oltre al Grossglockner (II salita assoluta, il giorno dopo i primi salitori), al Watzman (I assoluta) e naturalmente al Triglav (determinazione definitiva dell'altezza), ha "scalato" anche il campanile di Aquileia.<p></p><p>Non è stata una "prima", ma la sua firma è la prima di una lunga serie. Grazie all'intelligente scoperta del professor Alessandro Saša Quinzi, nella cella campanaria della maestosa torre è possibile leggere chiaramente su un mattone la scritta V. STANIC, con la data presumibile del 1810. </p><p>Stanič è nato a Bodrež, frazione di Kanal ob Soči, nel 1774. Ha compiuto studi approfonditi in varie città europee e ha svolto il suo incarico pastorale nel territorio Goriziano. E' ricordato per aver contribuito al disegno del ponte di Kanal, distrutto durante la prima guerra mondiale, per essere stato ottimo scrittore e poeta, per aver messo in piedi una delle prime case editrici della città di Gorizia, per aver fondato una delle più importanti associazioni ambientaliste e di protezione degli animali in Europa, per la carriera alpinistica di alto livello con la conquista di cime per quella volta ritenute ai limiti delle capacità umane. A Gorizia il sacerdote sloveno è ricordato soprattutto per aver fondato e costruito con le proprie mani la sede della scuola per i sordi, durata quasi centocinquanta anni e finalizzata a "dare la parola" a chi non era in grado di comunicare con gli altri. E' morto a Gorizia il 29 aprile 1847 e a lui è tuttora dedicato il più importante premio alpinistico della Baviera. </p><p>Insomma, don Valentin Stanič è un stato un personaggio indimenticabile e meriterebbe, in città, ben di più che la menzione sul piccolo parcheggio sottostante la sinagoga, accanto alle strutture scolastiche da lui stesso volute. La sua firma sul campanile di Aquileia è un chiaro segno del suo passaggio, della sua predilezione per la città punto di riferimento per l'intero Centro Europa e della passione per le altezze e per le bellezza dell'arte e dei paesaggi.<br /></p>Unknownnoreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-8122414822768006369.post-6662087291923499352024-03-21T08:41:00.008+01:002024-03-21T08:43:14.679+01:00Inizio di primavera con Libera a Roma e Gradisca<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhiKItQ9pS7LQTAvZzarTXx9RE___AuEARdVDu5miM6bcbBXxpaKSWKErRSlo9KTUb5Yix5eXJAM5tPG_hjHCo2IVq9TCBpFFEyn74rfRhRUt2jA6sLdezYN6y65sL4PTf6KGF0qDg5WAgQPTBm0Ag3kGQpQnT6y9gVeqQtpQcUHyH6cPt8yccwy1UJvvo/s1600/IMG-20240321-WA0000.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1131" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhiKItQ9pS7LQTAvZzarTXx9RE___AuEARdVDu5miM6bcbBXxpaKSWKErRSlo9KTUb5Yix5eXJAM5tPG_hjHCo2IVq9TCBpFFEyn74rfRhRUt2jA6sLdezYN6y65sL4PTf6KGF0qDg5WAgQPTBm0Ag3kGQpQnT6y9gVeqQtpQcUHyH6cPt8yccwy1UJvvo/s320/IMG-20240321-WA0000.jpg" width="226" /></a></div>Anche se dal punto di vista astronomico la primavera è iniziata già ieri mattina, il 21 marzo è la data convenzionale nella quale si avvia, nell'emisfero nord, la stagione della rinascita della natura.<p></p><p>E' proprio in questo momento di speranza e di poesia - è anche la Giornata internazionale della Poesia - che si celebra la XXIX Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo della vittime innocenti delle mafie. E' un'iniziativa promossa da <i>Libera, </i>che propone a tutte e tutti di incontrarsi nelle piazze, per ricordare coloro che hanno perso la vita nelle lotta contro la mafia e per ribadire il proprio impegno per la libertà, la verità e la giustizia, contro ogni forma di mafia. Esserci - se non con la presenza almeno con il pensiero - è più che mai necessario, dal momento che il sistema mafioso è purtroppo ben radicato nella realtà italiana e internazionale. La "Giornata" è un segnale della volontà dei cittadini, ma anche la presa di coscienza della necessità di combattere e vincere la mafia, anche nelle piccole realtà e scelte di fronte alle quali la nostra esistenza ci pone ogni giorno.</p><p>La manifestazione nazionale sarà a Roma, per chi è in zona l'appuntamento è a Gradisca, oggi pomeriggio, 21 marzo, alle ore 17.30 in piazza Unità, con la lettura del lungo elenco dei nomi delle vittime innocenti, cadute sotto i colpi della mafia in questi ultimi decenni.</p><p>Buon 21 marzo e buona Primavera!<br /></p>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8122414822768006369.post-73732177766778107322024-03-19T19:08:00.006+01:002024-03-19T20:59:33.100+01:00Na Sabotinu, sul Sabotino...<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEinA-qD9AaclHYJLkzrdKS-uy4F_upnHkFQtHNQT0ubwKm7wMpJ1SKP0cSYP5pHlsCzvCJVcILkDPpq-gX7Ta1l6KfucUA034j_vzMM18pG1d_h0cGgJuW3BtcUYfn2HxZZFL02Jpyog8AvmVrGMiaSG5cUjOY01VFf6_Y-OhWeX62bRqi2hisUizBVHxw/s4160/IMG_20240319_125357879.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3120" data-original-width="4160" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEinA-qD9AaclHYJLkzrdKS-uy4F_upnHkFQtHNQT0ubwKm7wMpJ1SKP0cSYP5pHlsCzvCJVcILkDPpq-gX7Ta1l6KfucUA034j_vzMM18pG1d_h0cGgJuW3BtcUYfn2HxZZFL02Jpyog8AvmVrGMiaSG5cUjOY01VFf6_Y-OhWeX62bRqi2hisUizBVHxw/s320/IMG_20240319_125357879.jpg" width="320" /></a></div>Dalla O di Tito Nova Gorica e Gorizia sono proprio Gorici, duale femminile, le due Gorica.<p></p><p>La salita al Sabotin è sempre una bella esperienza, anche se ripetuta qualche decina di volte ogni anno. E' una cima vera, nonostante i suoi soli 609 metri, poco più di 500 di dislivello dal ponte di Solkan. </p><p>Ci si può arrivare dalla južna pot, superando balze e ghiaioni, con vista mozzafiato, attraversando la famosa scritta che si vede da tutta la pianura, raggiungendo i ruderi di San Valentino.</p><p>Ma perché il Sabotino si chiama Sabotino? E' tanto tempo che cerco una risposta a questa domanda, ma non la trovo. Qualcuno dice che sia una contrazione di San Valantin, il nome dato dai friulani alla montagna, ma la cosa non mi convince o, almeno, non ci sono sufficienti documenti per dimostrarlo. E se fosse una reminiscenza delle tradizioni aquileiesi legate a Santa Sabida (o Sante Sabide), collegando il nome, per qualche misterioso motivo, alle suggestioni ebraiche e alle derivazioni alessandrine, secondo molti studiosi evidenti nella teologia aquileiese? Mah, è soltanto un'ipotesi fondata sul nulla, ma chissà... Monte del Sabato, perché no?</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh2ko3ih58xaAROWP0CWglHWmj7VDwzdXrXhwtBLrwRyBCPaXXGSEwW0YHiZ2p3q6l6NbOVugjvpuSjNBy1tzDH8mkTfOW_erpHEbhYPFPopJ8-zQayl6T5eeWTT8UgAvaKNIB0XVtxvyvFC8oqJRsNSdWMicQ6AuqtHuo4VNWc4goG6g8ZlM1lBlG7qUQ/s4160/IMG_20240319_131423978.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3120" data-original-width="4160" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh2ko3ih58xaAROWP0CWglHWmj7VDwzdXrXhwtBLrwRyBCPaXXGSEwW0YHiZ2p3q6l6NbOVugjvpuSjNBy1tzDH8mkTfOW_erpHEbhYPFPopJ8-zQayl6T5eeWTT8UgAvaKNIB0XVtxvyvFC8oqJRsNSdWMicQ6AuqtHuo4VNWc4goG6g8ZlM1lBlG7qUQ/s320/IMG_20240319_131423978.jpg" width="320" /></a></div>C'è poi la solita aerea cresta, sempre munifica di scorci sulla sottostante Soča, qui frenata nel suo impeto adulto dalla diga costruita nei primi anni '80 del secolo scorso. Oh, il secolo scorso, che impressione usare queste parole... Quasi metà della mia vita l'ho passata nel secolo scorso, quando non c'erano i telefonini, non c'era l'intelligenza artificiale, neppure internet, et cetera et cetera, bla bla bla... Quando ci si mette, il fiume si offre in colori indescrivibili e anche irriproducibili, blue, verde, marrone, a volte perfino rosso, spesso smeraldo. Un vero gioiello. Uno sguardo di qua ed ecco Sveta Gora, il Monte Santo dalle molte lingue e dalle tante culture. Dall'arco gotico, ciò che rimane dell'eremo antico di San Valentino, si fa inquadrare nella più immancabile delle foto ricordo. Uno sguardo di là ed ecco la piana goriziana, incastonata tra il Trstelj e la valle della Vipava, tra le alture di San Floriano ed il Calvario. Una meraviglia.<p></p><p>Cammina cammina e giunsero a una torretta. No, non è una favola, è uno dei tanti resti della prima guerra mondiale che qui, come altrove, è stata un inutile strage. Lontano, quasi vicino al fiume, la tozza tomba cumulativa di Oslavija ricorda l'assurdità di ogni guerra, tanto più accentuata dalla bellezza del panorama e dalla gioia di marciare al ritmo veloce dei passi e del fiato. Se le bombe hanno falciato indifferentemente i soldati da una parte e dall'altra, i ropi, le malattie e la fame hanno completato il lavoro. Un vero disastro. Ma ecco la vetta.</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjLlaN7ZgSiaDNtyDBVgLb8h6WTdZDEVhkCHz8p-jwUZ1wYLr2HQqH1iHSxV1dbviO3YhTed_tdliA4dtrrPQqtMEABKJXmSOHHDPJ5PIO6L7_XUR5jh2SRObM-8q-ZpfMWHVBTJbvWThkpsz7dFCao2Zg7s-kJ21hfgUJlBr4z_poncR6QXZdnoivGSQg/s4160/IMG_20240319_132204268.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3120" data-original-width="4160" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjLlaN7ZgSiaDNtyDBVgLb8h6WTdZDEVhkCHz8p-jwUZ1wYLr2HQqH1iHSxV1dbviO3YhTed_tdliA4dtrrPQqtMEABKJXmSOHHDPJ5PIO6L7_XUR5jh2SRObM-8q-ZpfMWHVBTJbvWThkpsz7dFCao2Zg7s-kJ21hfgUJlBr4z_poncR6QXZdnoivGSQg/s320/IMG_20240319_132204268.jpg" width="320" /></a></div>Solitudine, silenzio, sensazione di possedere ogni cosa senza essere posseduti da nulla. E' l'emozione di ogni volta, l'incontro con un sasso o un cespuglio diventati ormai familiari. E' il sussurro leggero dell'aria e lo sforzo di una primavera che sembra voler scaturire dal nulla, da un istante all'altro. E' il sentimento dell'attesa, la percezione del sacro, tremendum et fascinans. E' il ricordo di tanti altri giorni, felici e tristi, trascorsi quassù. E' sempre e comunque, un istante di bellezza.<p></p><p><b><i>Sento il fragore del vento leggero che attraversa silenzioso le mie ossa inumidite. Mi abbaglia lo splendore della città illuminata dal sole. Mi lascio sorprendere da un pensiero d'Amore, nel mirabile risveglio di una nuova primavera. Lo sguardo corre lontano, oltre le colline frastagliate dell'Essere. S'intravvede il Mare, sepolcro e fonte della Vita. Amen</i></b></p>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8122414822768006369.post-36079690673893634572024-03-17T17:58:00.001+01:002024-03-17T17:59:56.048+01:00Riflessioni per una via crucis di pace, Malnisio 17 marzo 2023<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhOJU7vyMERNI5d6ua9y_3vMaOVpaxhEVOwlEoDdmozwPT1lFGalvrNvsdbgsqDBApKYF-KLZI0UmEF4Ftiz9WV83AYOkBCI9F10Wk0uk0rnd9Lc5xrLjfE9sNjPx6iX9ji4nGXX1jZFApZFdprdcA4AmmDNu-JG-dzhYbSluaPYa_SaVQO_sZcJ7ynElU/s1600/IMG-20240303-WA0001.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1130" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhOJU7vyMERNI5d6ua9y_3vMaOVpaxhEVOwlEoDdmozwPT1lFGalvrNvsdbgsqDBApKYF-KLZI0UmEF4Ftiz9WV83AYOkBCI9F10Wk0uk0rnd9Lc5xrLjfE9sNjPx6iX9ji4nGXX1jZFApZFdprdcA4AmmDNu-JG-dzhYbSluaPYa_SaVQO_sZcJ7ynElU/s320/IMG-20240303-WA0001.jpg" width="226" /></a></div>E' una via crucis, ma non è un gesto religioso. Forse si potrebbe dire spirituale, nel senso antropologico del termine. Non è possibile camminare insieme, senza ricordare Pierluigi Di Piazza, che 26 anni fa ha ideato questo gesto di pace e senza pensare a Bepi Mazzon, amico di tutti, sempre presente in tutte le edizioni passate.<p></p><p>Ovviamente in chiave introduttiva, diamo voce al vescovo di Roma Francesco: no alla guerra a oltranza, sì alla trattativa; fermare immediatamente le armi del genocidio di Gaza, cercare insieme una soluzione negoziale. In generale, basta con la politica degli armamenti, avanti con gli strumenti di pace. "Trasformeranno le lance in falci e i carrarmati in aratri". </p><p>Nel caso della prima via crucis, 2000 anni fa, chi sono stati i mandanti dell'assassinio di Gesù? Coloro che hanno obbedito agli ordini, prima di tutto senz'altro i sommi sacerdoti, gli scribi, i capi religiosi dell'antico Israele. Hanno voluto la morte di Gesù, perché riportava alla loro essenza le infinite regole della Torah e metteva così in discussione il loro potere. Lo hanno consegnato all'autorità romana che, impersonata da Pilato, ritiene di lavarsene le mani e di dare il reo in mano ai soldati, per non disobbedire all'imperatore. I soldati hanno ritenuto di fare il loro dovere e a loro volta, come il comandante di Auschwitz, hanno obbedito ai loro superiori". C'è un po' di spazio anche per i discepoli. Pietro ritiene di difendere Gesù usando la violenza contro la violenza e viene rimproverato per questo. Dopo di che, ecco anche un certo pacifismo che non sa più che pesci pigliare: se siamo contro la forza delle armi, se i media non ci danno spazio, se sono anni che diciamo sempre le stesse cose e non incidiamo in nulla sulle decisioni dei capi, tanto vale che cerchiamo di salvarci la pelle... Ecco, tutti questi - a volte anch'io, a volte anche noi - collaborano al mandato di morte.</p><p>Ma ci sono, nella via crucis, i mandanti di pace? Non ci sono "i" mandanti, ma ci sono "le" mandanti. Solo le donne restano accanto a Gesù, in tutto il percorso e nel momento supremo. Morendo Gesù grida perfino l'abbandono di Dio, ma Maddalena, la madre Maria, quella di Giacomo e Giovanni, Giovanna, Susanna sono lì, presenti fino all'ultimo momento, portando con loro la forza travolgente dell'Amore. E' forse per questo che saranno le donne le prime testimoni dell'avvenimento che sovverte i piani della storia. La risurrezione non è l'happy end di una vicenda andata storta, ma la rivelazione dell'essenza stessa del Creato, quella nascosta dentro le effimere apparenze di una storia che ritiene che i vincitori siano la ricchezza, la forza e il Potere, in tutte le sue dimensioni.</p><p>La risurrezione non è un progetto politico o una strategia alternativa. E' un equivoco nel quale sono ancora incastrati gli apostoli il giorno dell'Ascensione: "E' questo il segnale per scatenare l'inferno e per rovesciare il potere dei romani, instaurando finalmente il regno di Israele?" E' l'equivoco che ha portato Costantino e soprattutto Teodosio a immaginare che l'impero cristiano sarebbe stato il regno di Dio sulla terra. E' un ritornello che giunge fino a oggi, là dove in tempo di democrazia liberale, le varie forme di Democrazie Cristiane hanno ritenuto che bastasse ottenere il consenso e raggiungere gli scranni del Potere per avviare il tempo messianico della giustizia e della pace sulla Terra.</p><p>La risurrezione è un mandato di vita non affidato all'imperatore o al presidente, ma a ogni essere umano, nessuno escluso. E' l'invito alla conversione, ovvero, come dice l'etimologia della parola in greco, meta-noia: finora si è pensato così, d'ora in poi si scopre che la Verità dell'essere è un'altra. E la verità dell'Essere è che l'Amore vince, l'amore vissuto, in tutte le sue dimensioni, in ogni istante della vita. Per questo la pace o la guerra non saranno decise dalle trame dei potenti, ma neanche dal numero dei partecipanti alle manifestazioni o dall'acquisizione di spazi importanti sui giornali. Sarà decisa da donne e uomini che decidono di vivere da risorti, ovvero sperimentando in questa vita la bellezza e la gioia di pensare con la propria testa, di anteporre l'interesse comune a quello proprio, di rispettare la natura, dono meraviglioso della nostra madre terra. E lo faranno in gesti quotidiani, comprando in un modo piuttosto che nell'altro, ponendo come linea da seguire il dono e non il possesso, la condivisione invece che l'accumulo, la sobrietà invece del consumo. E lo faranno con l'impegno politico, non intruppati in ordini di scuderia partitici o religiosi, ma ragionando con una coscienza formata dalla profondità dell'amore, in grado di decidere, volta per volta, cosa sia giusto o cosa ingiusto nelle inevitabili scelte che la nobile arte della Politica ogni giorno impone.</p><p>La risurrezione segna uno spartiacque, da una parte genera la fede in un'immensa speranza trascendente, dall'altra libera la ragione umana da ogni riferimento all'assoluto. Solo l'Uomo è artefice del proprio destino, non esistono provvidenze o disegni divini ai quali appellarsi. Le scelte che determineranno la guerra o la pace nel pianeta, riguardano solo ed esclusivamente la responsabilità della propria coscienza di consapevoli appartenenti alla famiglia umana.</p><p>Oggi, domenica 17 marzo, è già Pasqua, se ognuno di noi tornerà a casa con il desiderio profondo di amare e con esso si tufferà in ogni istante, pienamente presente nella condivisione del mistero del Dolore, del tutto responsabile nel dare concretezza culturale e politica all'annuncio fattivo della Risurrezione, cioè dell'Amore accolto e condiviso ogni giorno della nostra vita. </p>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8122414822768006369.post-33680155696140686732024-03-10T12:33:00.000+01:002024-03-10T12:33:06.439+01:00Il comandante di Auschwitz, di Thomas Harding<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhB4zTiJuBR9yy5xfn-DpIY4PjytmUXuPTF-PqaDCGhRbrZ0I1dDG8EB0vRIR72MVtd50IxzbWKOW-FBV9gO1yT7ZwsprJ2tcGfAYgHWnSqL1mGMbC7c0Iy4etqtjhinw-CgtOEC3RzodeTMLERkUHi0HRihF0B71JAFuPfZRUjQyneejKvohClQvNMztU/s4150/IMG_20240310_114639008.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4150" data-original-width="2621" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhB4zTiJuBR9yy5xfn-DpIY4PjytmUXuPTF-PqaDCGhRbrZ0I1dDG8EB0vRIR72MVtd50IxzbWKOW-FBV9gO1yT7ZwsprJ2tcGfAYgHWnSqL1mGMbC7c0Iy4etqtjhinw-CgtOEC3RzodeTMLERkUHi0HRihF0B71JAFuPfZRUjQyneejKvohClQvNMztU/s320/IMG_20240310_114639008.jpg" width="202" /></a></div>Avete visto il film "La zona d'interesse"? <p></p><p>Sì o no che sia, il consiglio è di cogliere l'occasione per leggere lo straordinario libro dello scrittore Thomas Harding, Il comandante di Auschwitz.</p><p>Quando lo si apre, non ci si riesce a staccare dalla lettura. E' interessante come e forse più del film, con la differenza che in questo caso tutto è basato su una documentazione rigorosa e la storia raccontata è clamorosamente vera, dalla prima all'ultima pagina.</p><p>La pluricitata "banalità del male" non viene testimoniata dalle dolci immagini di una famigliola che vive serena incosciente di ciò che accade al di là del muro. E' invece trattata con un approfondimento storico e psicologico che, nella sua essenzialità, suscita brividi di estrema inquietudine.</p><p>Come Plutarco, Harding presenta due vite parallele, una delle quali a lui molto vicina. Da una parte c'è infatti Alexander Howard Harvey, detto Hanns, il prozio dell'autore. Dall'altra c'è Rudolf Höss, il comandante di Auschwitz, il criminale che ha deciso da solo la morte del maggior numero di persone in tutta la storia. L'uno cresce nella Germania, assiste all'ascesa di Hitler e si trasferisce in Gran Bretagna prima della catastrofe. L'altro sogna di diventare un bravo contadino, accudendo gli animali in qualche amena fattoria della Baviera. Il primo si prefigge la distruzione del nazismo e la cattura dei gerarchi che, in un modo o nell'altro, hanno avuto a che fare con la Shoah. L'altro, dopo l'incontro quasi casuale con il mondo delle SS e in particolare spinto da una vera e propria infatuazione per Heinrich Himmler, percorre la carriera di custode dei campi di concentramento fino a diventare comandante ad Auschwitz. </p><p>I due personaggi sono descritti nella loro vita quotidiana, dalla nascita alla morte. E' vero, si ha l'impressione che entrambi siano come qualunque altra persona, desiderosi di vivere una vita serena con la propria famiglia e di avere un buon lavoro. Soltanto che il primo fa parte dell'enorme gruppo delle vittime del nazismo e sente come propri amissione quella di smascherare il più orribile sistema di produzione di razzismo, violenza e morte che l'umanità abbia mai escogitato. Il secondo ritiene di essere nel giusto, obbedendo agli ordini superiori, senza porsi alcuna domanda di ordine etico o empatico sulle proprie azioni. A differenza di quasi tutti gli altri processati a Norimberga, il comandante di Auschwitz ammette le proprie colpe, scrive il numero spaventoso degli uccisi nel campo di sterminio, forse addirittura comprende il proprio mastodontico errore quando, prima dell'impiccagione, augura al figlio di "pensare sempre con la propria tesa e mai con quella degli altri. Non suscita alcuna compassione, ma nella concretezza e crudezza della sua testimonianza si rende molto simile a chiunque, in ogni momento del tempo, pensi di "difendere le ragioni della propria parte", non accorgendosi, se non addirittura contribuendo, alla distruzione dell'altro riconosciuto come il "diverso".</p><p>Il film e il libro sono molto diversi fra loro, l'unico punto in comune è il protagonista, ritratto nel cinema attraverso un'analisi psicologica fondata sull'orrore della "normalità" in un contesto radicalmente "non normale". Lo straordinario scrittore Thomas Harding, invece, grazie a un'analisi spietata di testi documentari raccolti in tutta Europa e alle coinvolgenti interviste ai familiari di Höss, ci restituisce veramente la figura di "un uomo come noi". E' uno che si è trovato nel posto più sbagliato possibile, attraverso una sequela clamorosamente ordinaria di scelte quotidiane, dettate da squallidi ma comunissimi interessi quotidiani. Il carrierismo, la raccomandazione, la promozione, l'aumento di stipendio, possono essere i gradini apparentemente insignificanti che fanno salire un possibile bravo imprenditore agricolo fino alla direzione del più spaventoso mattatoio umano della Storia. </p>Unknownnoreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-8122414822768006369.post-8740028249841675962024-03-08T06:45:00.004+01:002024-03-08T06:45:57.780+01:00Otto Marzo<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmBWyTr0o-tU99TfMdJcEG6zYk9CVXcLXRi2EZGMC3OZcU_0Hbtr3P-A-PcWd9ECYu_F9p9mbEnU108OAX3IWvoNe-dQqhFMQc1_52EeeoiFUoJs949Hn6T8zd64kulpvUDeuJI0NGeDXiyDYZzuExHTbIfftVf6-mL2EWIZC50crRhr3MxUtUmK6a8YA/s1526/01032009261.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1192" data-original-width="1526" height="313" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmBWyTr0o-tU99TfMdJcEG6zYk9CVXcLXRi2EZGMC3OZcU_0Hbtr3P-A-PcWd9ECYu_F9p9mbEnU108OAX3IWvoNe-dQqhFMQc1_52EeeoiFUoJs949Hn6T8zd64kulpvUDeuJI0NGeDXiyDYZzuExHTbIfftVf6-mL2EWIZC50crRhr3MxUtUmK6a8YA/w400-h313/01032009261.jpg" width="400" /></a></div><br /><p></p>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8122414822768006369.post-15102716481699236782024-03-05T14:51:00.003+01:002024-03-05T14:51:22.720+01:00Gorizia 9 marzo, per la pace in Corso (Verdi)<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgQhWm0Hrm5biWeVquc2MTMUfgOl0Oaa0xNxuGBcahucTCtembMBbgYYVmEoUtN61LCaAjp5rHVu2q1kk7855xXYbF3rkkdB4JKnJ3CrL-TXAAKFonVwHViNvQiWJPgXMl1_5M1SpF9-S9t8fQn7iISCg-p5lFlhOhyb7YYXkf_JNAaZPHM1EKJolzUHI8/s1485/IMG-20240305-WA0010.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1485" data-original-width="1080" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgQhWm0Hrm5biWeVquc2MTMUfgOl0Oaa0xNxuGBcahucTCtembMBbgYYVmEoUtN61LCaAjp5rHVu2q1kk7855xXYbF3rkkdB4JKnJ3CrL-TXAAKFonVwHViNvQiWJPgXMl1_5M1SpF9-S9t8fQn7iISCg-p5lFlhOhyb7YYXkf_JNAaZPHM1EKJolzUHI8/s320/IMG-20240305-WA0010.jpg" width="233" /></a></div><p class="MsoNormal"><b><i>Ecco il manifesto pubblicato dal Comitato per la Pace di Gorizia per invitare la cittadinanza a partecipare all'iniziativa pubblica che si terrà sabato 9 marzo, in Corso Verdi a Gorizia. Ed ecco anche il testo proposto dagli organizzatori per riflettere insieme, in accordo con altre decine di migliaia di persone che manifesteranno sabato con le stesse motivazioni, in Italia e nel Mondo. </i></b></p><p class="MsoNormal">I venti di guerra soffiano sempre più forte.<o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal">Le vittime del genocidio nella Striscia di Gaza sono ormai
oltre 30.000, buona parte delle quali bambini. La sofferenza del popolo
palestinese è talmente grande da suscitare timide reazioni di perplessità
perfino in chi, dall’inizio, continua a giustificare questa guerra. Si ritiene
infatti che sia normale e giustificata una simile terribile strage, in quanto
reazione agli attentati del 7 ottobre scorso.<o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal">La guerra fra Ucraina e Russia segna il suo secondo
anniversario. Si parla di centinaia di migliaia di morti, tra soldati e civili,
oltre che di immani distruzioni. Fin dall’inizio era chiaro che l’unica
possibile via di uscita fosse quella negoziale. Invece… invece gli Stati Uniti
e con loro l’Unione europea hanno deciso di prolungare il conflitto
all’infinito, inviando continuamente armi, con il rischio che da un momento
all’altro possa scoccare la scintilla per un tragico ulteriore aggravamento
della situazione.<o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal">In altre parti del mondo si combattono almeno 84 guerre, per
lo più dimenticate dai media, ma non dai costruttori e trafficanti d’armi che
speculano sul dolore umano e costringono intere popolazioni alla miseria più
assoluta.<o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal">In Italia chi esprime dissenso viene mediaticamente
azzittito, quando addirittura non si giunge ai manganelli per fermare l’impeto
giovanile di tanti studenti che hanno l’unica colpa di voler dichiarare la loro
contrarietà a qualsiasi forma di guerra armata. Eppure, in un contesto in cui
il Paese sembra sempre più saldamente in mano a una maggioranza trasversale che
sostiene Netanyahu e arma Zelensky, l’unica forma possibile di pressione è
manifestare.<o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal">Esprimiamo pubblicamente il nostro chiaro e dettagliato no
alla guerra, no cioè all’invio delle armi nei Paesi in conflitto, al sostegno
alla campagna criminale di Israele nella Striscia di Gaza, alle parole dei
governanti europei e mondiali che gettano benzina sul fuoco delle controversie
internazionali.<o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal">Esprimiamo pubblicamente il nostro sì all’impegno per
portare i contendenti sul tavolo delle trattative, alla costituzione dei corpi
civili di pace europei, all’investimento di risorse umane e finanze per creare
le condizioni affinché cessino immediatamente i bombardamenti e gli scontri,
all’assunzione della lotta nonviolenta come forma autenticamente degna
dell’intelligenza umana.<o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal">Esprimiamo piena solidarietà con gli obiettori di coscienza
e i disertori, presenti in tutte le Nazioni coinvolte nei vari conflitti. Sono
i veri eroi, coloro che si rifiutano di imbracciare un fucile o di lanciare una
bomba. Rischiano il carcere e a volte anche la vita per testimoniare quanto sia
importante che la pace non sia mai armata, se non dalla consapevolezza di
appartenere tutti alla medesima umana famiglia.<o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal">Richiamiamo con forza i nostri governanti europei e italiani
perché fermino immediatamente questo apparentemente ineluttabile declino. Ci
vadano loro al fronte, con l’elmetto in testa, a garantire gli interessi del
dio Capitale. Ci vadano loro e lascino stare i nostri giovani che hanno il
diritto di sperare in un possibile pacifico e laborioso futuro.<o:p></o:p></p>
<p class="MsoNormal"><i><b>Comitato per la pace di Gorizia</b></i></p><p></p>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8122414822768006369.post-23419808927643662992024-03-03T15:21:00.004+01:002024-03-03T15:21:38.562+01:00Sta per uscire Nova Gorica Gorizia, due città in una, la guida bilingue per idealisti, viandanti e ciclisti<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi1yq9rSMgiA-RFm9xyYoGqcWAjNflVLf_Q9FlDOgojfC18rQjvRWWwSKAGsIqvhYZ3RwOHILHlbBwK6ghxxtU1vf1zNdXMEwFz5hr1Se38TreH3wC20ytroEIAEbLFh34fYhemw9FXj37uHPSbwkc3X9bjdwhNA-rdGqSMvCd87RYeFsQcDPHLFpw_bOc/s2093/Immagine1.png" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1415" data-original-width="2093" height="216" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi1yq9rSMgiA-RFm9xyYoGqcWAjNflVLf_Q9FlDOgojfC18rQjvRWWwSKAGsIqvhYZ3RwOHILHlbBwK6ghxxtU1vf1zNdXMEwFz5hr1Se38TreH3wC20ytroEIAEbLFh34fYhemw9FXj37uHPSbwkc3X9bjdwhNA-rdGqSMvCd87RYeFsQcDPHLFpw_bOc/s320/Immagine1.png" width="320" /></a></div>Mancano due mesi.<p></p><p>A cosa?</p><p>Ma è logico, al 3 maggio.</p><p>Embhè?</p><p>Come embhè? Sta per uscire!</p><p>Sta per uscire che cosa?</p><p>Eh, non ti dico ancora...</p><p>E allora, perché mi dici che mancano due mesi, se poi non puoi dirmi per cosa?</p><p>Perché volevo tirarla un po' per le lunghe...</p><p>E allora?</p><p>Allora il 3 maggio uscirà la guida per conoscere le Culture (con la C maiuscola) della due Gorica.</p><p>Come "della due Gorica"?</p><p>Sì, si parlerà di "due città in una" e per questo ci si può permettere anche di stravolgere perfino la grammatica. L'edizione slovena è facilitata, basta dire Gorici, grazie al bellissimo e originalissimo duale, ecco riassunte in un'unica parola Nova Gorica e Gorizia. Con i loro bei dintorni, ovviamente.</p><p>Quindi sarà in due lingue?</p><p>Sì, per ora sì, un'edizione in sloveno (ZTT Trieste) e una in italiano (Ediciclo), poi si penserà anche all'inglese...</p><p>A chi è rivolta?</p><p>A chi ama camminare e andare in bici, sulle strade della Capitale europea della Cultura. Ciclisti e viandanti di tutto il mondo, unitevi!</p><p>E chi l'ha scritta?</p><p>Beh, questo te lo dirò un'altra volta. Intanto, save the date: la "prima" presentazione sarà venerdì 3 maggio, ore 18 presso il Kulturni dom di Gorizia. Rigorosamente, in italiano e in sloveno.</p><p>Lep pozdrav, dragi bralec!</p>Unknownnoreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-8122414822768006369.post-74690944679442193272024-03-01T12:15:00.000+01:002024-03-01T12:15:09.297+01:00Fermiamo la guerra!<p> <table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhbmQxExJdA02SJpkA_NPLM-T8MLBNOSk6mrpW3aM4VQba2UgCjbl-_FCWNgmwhU-LmMdtWfYFA52yioimPN_7QfMxM2XSH0WuWF2a7KYU4JRnFHYdPLcxJxr8_Sn-ucv3LKwEw_npM05vvphqwEta_nZ2HsQTNktB0HRnGoj7u2aF-MawxJaPIDacA1fs/s4160/IMG_20240225_133212813.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="3120" data-original-width="4160" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhbmQxExJdA02SJpkA_NPLM-T8MLBNOSk6mrpW3aM4VQba2UgCjbl-_FCWNgmwhU-LmMdtWfYFA52yioimPN_7QfMxM2XSH0WuWF2a7KYU4JRnFHYdPLcxJxr8_Sn-ucv3LKwEw_npM05vvphqwEta_nZ2HsQTNktB0HRnGoj7u2aF-MawxJaPIDacA1fs/s320/IMG_20240225_133212813.jpg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: x-small;">Una bella iscrizione su un muro di Pistoia</span></td></tr></tbody></table>Putin, Zelensky e von der Leyen, come Netanyahu e i capi di Hamas, ma anche Biden e tanti guerrafondai di casa nostra, stanno ulteriormente e pericolosamente innalzando i toni dello scontro.</p><p>La "guerra mondiale" non è più una parola tabù, si comincia a prenderla in considerazione, a pensarla come una necessità. Magari triste, magari orribile, ma pur sempre una necessità.</p><p>Se questo piano inclinato non viene raddrizzato, i venti di guerra rischiano di diventare autentica tempesta. E' necessario interrompere subito questa deriva che può mettere in gioco il futuro stesso della vita su questo meraviglioso e drammatico Pianeta.</p><p>Sì, ma come fare? Come convincere i governanti del mondo a compiere scelte oculate, ragionevoli, degne dell'umana intelligenza? Come convincere un'opinione pubblica sempre più succube del potere straripante dei media? Come urlare la propria contrarietà, se anche dei giovani studenti indifesi vengono presi a manganellate perché cercano di far sentire la loro voce?</p><p>Occorre chiedersi chi può guadagnarci qualcosa da una possibile immane carneficina. Forse gli stessi che già ora si sfregano le mani per il fatto di riuscire a svuotare arsenali e aumentare il pil costruendo nuove e sempre più sofisticate armi. Forse coloro che approfittano di queste industrie di morte per creare posti di lavoro, nell'illusione di poter garantire ai propri cittadini condizioni di vita migliori, dimenticando che tutte queste eventuali apparente conquiste, in caso di guerra, gli si ritorcerebbero contro. Ci vadano loro sotto le bombe o il tiro delle mitragliatrici, non inviino al macello i nostri fratelli, figli o nipoti.</p><p>Le parole di questi giorni stabiliscono il fallimento delle speranze del Novecento. Si pensava che il superamento dell'epoca del fascismo e del nazismo, come pure i massacri delle due guerre mondiali avrebbero aperto una nuova strada per l'umanità. Si sperava nella distruzione degli arsenali bellici e nella riconversione delle fabbriche d'armi. Si auspicava una vera società delle Nazioni, dotata di forza giuridica e non solo morale, per poter affrontare e risolvere con le trattative le controversi interne ed esterne a ogni Paese. Si immaginava perfino un mondo senza più confini, la fine di ogni nazionalismo, la centralità dell'essere umano in quanto tale, la libertà di circolazione delle persone ovunque, il superamento degli abissi di differenza tra l'estrema povertà dei sud e la ricchezza dei nord del mondo.</p><p>Si desiderava tutto questo e molto di più. E' del tutto svanito questo sogno? Non c'è alcun modo di impedire la catastrofe? Sembrerebbe di no, osservando la farneticante richiesta di aumento di spese militari della presidente della Commissione europea o le commesse per la Leonardo volute dal nostro governo. Ma forse la speranza è l'ultima a morire e quindi qualche barlume ancora c'è. E' importante esprimere la propria contrarietà, "no in nome mio", far capire che si può immaginare una relazione tra le persone non basata sulla difesa dei propri confini, ma sull'eliminazione di ogni barriera divisoria. E' indispensabile uscire dalla logica perversa del "noi contro voi", per mettere al centro il diritto della Persona, di ogni essere che prima di essere italiano, ivoriano, turco, americano o russo, è sempre anzitutto un appartenente alle specie umana o, per dirla in termini più spirituale, una sorella o un fratello facente parte della mia sessa famiglia.</p><p>Manifestiamo quindi, perché il violento non è chi protesta contro la guerra, ma chi, seduto sulle poltrone paludate e asettiche del Potere, minaccia di condurre l'umanità al suo definitivo tramonto.<br /></p>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8122414822768006369.post-49151040729362772682024-02-28T00:42:00.000+01:002024-02-28T00:42:14.295+01:00L'Orsigna, Tiziano Terzani, la pace e la politica...<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgjBV_X1-IgbZJgXREtqRVAoAq9V2-OrY2phWIPgQG903My3AtGvNm66Pyhc4LqApDYwJWOzkAlxfRS__Q3PeQ5u69sQo-kFV4Wl6wj3JUO8ROB6ooPYz7TA4U3qgY2o75UBqMBpPyZto16XZbNDIbFTFiYx3kwK4srKcx-tO3950ZQYYJgFaac6c1t8m0/s5152/DSC02834.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3864" data-original-width="5152" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgjBV_X1-IgbZJgXREtqRVAoAq9V2-OrY2phWIPgQG903My3AtGvNm66Pyhc4LqApDYwJWOzkAlxfRS__Q3PeQ5u69sQo-kFV4Wl6wj3JUO8ROB6ooPYz7TA4U3qgY2o75UBqMBpPyZto16XZbNDIbFTFiYx3kwK4srKcx-tO3950ZQYYJgFaac6c1t8m0/s320/DSC02834.JPG" width="320" /></a></div>La strada Porrettana congiunge Pistoia con Bologna, valicando l'Appennino Tosco Emiliano all'altezza del Passo della Collina. Segue poi la stretta valle del fiume Reno. Qualche chilometro prima di Ponte della Vetturina, si dipana sulla sinistra una stretta strada che tra curve e tornanti consente di raggiungere in sicurezza il pittoresco abitato di Orsigna. Oltre l'agglomerato di case, si continua a salire, si passa accanto alla casa di Tiziano Terzani e si prosegue fino a dove finisce la carreggiabile. Venti minuti di cammino nel bosco e si arriva all'albero con gli occhi, una sorta di santuario tra il buddista e il laico, venutosi a creare nel tempo nei pressi dell'albero sotto il quale il grande giornalista amava soffermarsi e meditare. Ci sono tanti segni di una forte presenza spirituale che emana dalla natura, ma anche dalle pietre, dalle bandierine simili a quelle che si vedono nelle foto delle spedizioni alpinistiche nel Nepal. sono come ex voto che raccolgono le ansie, le speranze, i dubbi e le certezze di migliaia di persone che sono arrivate fino quassù, sulle orme di un uomo la cui religione fondamentale è sempre stata quella della concordia e della pace fra i popoli.<br /><p></p><p>Ed è proprio pensando a Tiziano Terzani che sotto l'albero con gli occhi abbiamo collocato anche noi la nostra piccola pietra simbolica, con la speranza di raccogliere il suo testimone e di essere sempre, almeno più possibile, costruttori di pace. E questo è possibile se si è capaci, proprio come diceva Terzani, di ascoltare le ragioni dell'altro. Il che non significa condividerle, ma porre le basi per chiedersi se abbia un senso un intervento violento, a livello personale o internazionale, al fine di risolvere una determinata questione. Quanto questo sia facile a parole, ma difficile in realtà, lo si sperimenta ogni giorno, quando si invoca la pace partecipando a manifestazioni e a gesti eclatanti di protesta e poi non si è capaci di superare neppure le piccole incomprensioni quotidiane, vanificando di fatto la richiesta ai governanti di cessare il fuoco e di sedersi al tavolo della trattativa.</p><p>E allora? Allora la strada da seguire implica un impegno, da una parte personale, dall'altra collettivo. Dal punto di vista individuale, è logico che in un tempo drammatico come l'attuale occorre un soprassalto di responsabilità. E' necessario cioè che nel piccolo contesto dell'ordinario scorrere della vita, si ribaltino situazioni incancrenite, si riaprono percorsi di dialogo precedentemente bloccati, si percorrano con nuova convinzione sentieri interrotti. Dal punto di vista collettivo, mai come ora è necessario credere nell'autentica Politica.</p><p>Cosa significa ciò? Significa che se accettiamo le attuali regole della democrazia, qualcuno deve prendere su di sé la croce e incamminarsi anche sulla via della rappresentanza. La democrazia - almeno come determinata dal dettato costituzionale - implica da una parte la partecipazione assembleare alla costruzione della società, dall'altra l'accettazione della regola della dimensione elettiva. Tutti possono fare pressione culturale e sociale per ottenere ciò che si ritiene giusto, ma è necessario anche eleggere i rappresentanti del popolo, in modo che essi portino negli spazi governativi e amministrativi le idee e le posizioni di chi li sceglie. Tra l'altro è questa l'etimologia della stessa parola "deputati".</p><p>Se si è convinti delle proprie concezioni del mondo, occorre esprimerle in forma partecipata e assembleare, ma anche in quella determinata dalla rappresentanza. Per esempio, se la mia idea di società è internazionalista e ritiene che le armi siano lo strumento principe per affermare le ragioni del Capitale, è giusto che io manifesti per far sapere al Governo di turno il mio disaccordo nei confronti di chi ritiene giusto produrre e vendere armi o inviarle in zone di guerra. Ma se le regole democratiche affidano a chi la pensa diversamente da me di avere una maggioranza che consente di decidere, il modo per cambiare le cose non dipende tanto dal mio costante scandalizzarmi, quanto dalla decisione di mettersi a disposizione del proprio gruppo di pressione culturale, presentandosi al giudizio degli elettori. Lo stesso vale, sempre in termini esemplificativi, per l'accoglienza dei migranti. Se sono convinto dell'umana fraternità o sororità universale, è logico che rifiuterò qualsiasi forma di rifiuto, di respingimento e di maltrattamento, mentre al contrario proporrà accoglienza, condivisione e sostegno. Ma perché la legislazione possa trasformare il mio pensiero in regola valida per tutti, devo cercare di vincere le elezioni. Insomma la concretizzazione della mia istanza morale passa attraverso la straordinaria fragilità della ricerca del consenso elettorale, con tutti i limiti tecnici e mediatici che influenzano in modo determinante un'opinione pubblica ben poco avvezza alla lettura e all'approfondimento.</p><p>C'è un'alternativa a tutto questo? Mah, è difficile dirlo. Tuttavia l'evidente spaventosa crisi della democrazia rappresentativa pone una questione decisiva: la situazione è questa per il deterioramento delle istituzioni o per un livellamento in peggio della cosiddetta classe politica oppure è l'inevitabile punto di non ritorno del sistema capitalista? Se la risposta è questa seconda, il problema diventa ben complesso. Come uscire dal capitalismo? Come immaginare e soprattutto realizzare un sistema alternativo? Per arrivarci, si può individuare un metodo che consenta una transizione abbastanza sostenibile e nonviolenta oppure c'è la necessità di agire una vera e propria rivoluzione? E' inevitabile il passaggio attraverso la morte per addivenire alla risurrezione, ben sapendo che lo sprofondamento nella guerra globale nel tempo della bomba atomica potrebbe portare alla stessa cancellazione della Vita sulla Terra?</p><p>Insomma, l'insoddisfazione del momento induce a meditare e il pensare deve portare all'azione, in modo concatenato e consequenziale. E' certo che non basti più il rituale stracciamento di vesti e l'indicazione del "mandante" di turno. Occorre piuttosto innestare la marcia e procedere spediti, affinché le proprie istanze non siano sistematicamente mortificate da rappresentanti che non rappresentano, ma che possano incidere sul cambiamento della società. Manifestando pubblicamente, anche correndo il rischio di essere ripagati con qualche manganellata o anche peggio. E gettandosi a capofitto nell'agone della politica rappresentativa. </p>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8122414822768006369.post-33196353153377617522024-02-26T23:22:00.006+01:002024-02-26T23:22:47.209+01:00Viaggio al Focardo<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhNAUh4oXelpJ7yDWKn2exxTdM450u01Mexiz4GMEwSFCIuLcB9VoY-G4I4uaaJc2s5bV8fJTz7X6-6Nf_Qn92-7CdT6SRNdy9yLJGnSy9_5CgIOspRka4qfDkjxamyNi0IZ-opDwuB_O4WK7v0-U-xKHOSozXq5Mn59zBnz7wIX75z6eJG5FrAJ4mWmKs/s5152/DSC02710.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3864" data-original-width="5152" height="150" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhNAUh4oXelpJ7yDWKn2exxTdM450u01Mexiz4GMEwSFCIuLcB9VoY-G4I4uaaJc2s5bV8fJTz7X6-6Nf_Qn92-7CdT6SRNdy9yLJGnSy9_5CgIOspRka4qfDkjxamyNi0IZ-opDwuB_O4WK7v0-U-xKHOSozXq5Mn59zBnz7wIX75z6eJG5FrAJ4mWmKs/w200-h150/DSC02710.JPG" width="200" /></a></div>La dolcezza delle colline toscane è conosciuta in tutto il mondo. E' stato molto emozionante immergersi in esse, alla ricerca di una maggior comprensione degli eventi accaduti il 3 agosto 1944.<p></p><p>Il Comune è quello di Rignano sull'Arno, la frazione è quella di Troghi e l'agglomerato di case che interessa questa storia si chiama Il Focardo. Qualcuno ha pensato di allestire un piccolo "cammino", cinque chilometri in tutto, per contemplare la bellezza dei luoghi e per meditare sul mistero dell'umana crudeltà.</p><p>Si comincia dal piccolo cimitero della Badiuzza. C'ero già stato altre volte, la prima nel 1974, avevo 14 anni ed erano ancora presenti alcuni dei protagonisti della vicenda. In questo caso non ho potuto trattenere un moto di commozione. Rispetto al passato, il cimitero ha due ospiti in più, le seconde cugine Paola e Lorenza Mazzetti, scomparse nel 2020 e nel 2021. Sono le gemelle, originali e piene di creatività, che in tutta la loro esistenza hanno sublimato la tragedia, trasformandola in opera d'arte, il libro Il cielo cade, le frequenti regie cinematografiche, le mostre di pittura e di fotografia. Erano state quasi adottate dalla famiglia Einstein, Robert e Nina Mazzetti, hanno condiviso i momenti di terrore e la disperazione della separazione violenta dalle zia e dalle altre cugine, Luce e Cici. hanno trascorso una vita intera a rielaborare e a ricostruire, non soltanto per sé stesse ma anche per aiutare tante persone a superare la tentazione della vendetta, a far vincere il perdono, a costruire sempre una nuova possibilità. Mi è dispiaciuto averle conosciute solo negli ultimi anni, ma quanto entusiasmo hanno saputo suscitare in me, con la loro irresistibile simpatia e la travolgente semplicità e saggezza!</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgWvBh_qbGUnvXrTkEvMp3mIOVuNs3364wzyuDdFOdauSvc4j9dnoA54klvdDxYcM-4YmbmGe_NOAE2axgQKrdVXmi3jbNhmn8zDq3PfNwMAfEpIRboJNijj-w4mAvvCNkK_zuAPF1w0uNsEdYTWswZSEsungFwwpJv-Rf8IATZg7CUmOjZLMWoJYQXyeg/s5152/DSC02706.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="5152" data-original-width="3864" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgWvBh_qbGUnvXrTkEvMp3mIOVuNs3364wzyuDdFOdauSvc4j9dnoA54klvdDxYcM-4YmbmGe_NOAE2axgQKrdVXmi3jbNhmn8zDq3PfNwMAfEpIRboJNijj-w4mAvvCNkK_zuAPF1w0uNsEdYTWswZSEsungFwwpJv-Rf8IATZg7CUmOjZLMWoJYQXyeg/w150-h200/DSC02706.JPG" width="150" /></a></div>Il monumento è sempre lì, edificato almeno quaranta anni dopo gli eventi, slanciato verso l'alto come una fredda protesta verso il Cielo. Per un istante si scostano le nubi e un raggio di sole colpisce pietoso il ferro. Sotto da una parte riposano Nina Mazzetti, Anna Maria detta Cici e Luce Einstein, uccise senza pietà dai tedeschi che stavano per essere cacciati dagli Alleati. Cercavano Robert, volevano rapirlo per ricattare il cugino Albert in America. Ma Albert non era nella villa, si trovava con i partigiani nei boschi. Nina gridava: Robert vieni, vogliono ucciderci tutti! Ma Robert non aveva sentito e i suoi compagni di lotta lo avevano trattenuto, forse convinto che nessuno avrebbe fatto del male. E invece no, il soldato che separava le une, inviate a nascondersi nella stanza alta e le altre, trascinate nella sala rossa. Poi solo gli spari, e poi la fuga, il fuoco, i contadini pietosi che si prendevano cura della zia Seba, di Paola, di Lorenza, di Anna Maria che poi è mia madre. La corsa nei boschi e da lontano, il bagliore dell'incendio. Poi il ritorno di Robert, la muta disperazione, forse un ingiustificato senso di colpa. Robert Einstein, l'ingegnere, vende i suoi beni, sistema il futuro delle gemelle, scrive parole profonde a ogni persona cara e decide di chiudere la parentesi della sua vita. E chiede di stare lì per sempre, accanto alla moglie e alle figlie, diciassette e ventisei anni.<p></p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgd1xgth6a8sisajVHYS6kZ0NksyxkcIvfHrCJ7VfDsFxQ2bxGcU0owrMf1W3vqfRoZeQ8H4M3t3ns_ilJKP4P23zlZiYQ24n4IFpq93wVibSpWBGiMcggXTXx9qms0Sl5SgT3MUW3cVx2JfDg5t2BuLIdUegPmpwk37p4b8cFURo961TBDJJ1pklclj-o/s4160/IMG_20240224_122549154.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4160" data-original-width="3120" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgd1xgth6a8sisajVHYS6kZ0NksyxkcIvfHrCJ7VfDsFxQ2bxGcU0owrMf1W3vqfRoZeQ8H4M3t3ns_ilJKP4P23zlZiYQ24n4IFpq93wVibSpWBGiMcggXTXx9qms0Sl5SgT3MUW3cVx2JfDg5t2BuLIdUegPmpwk37p4b8cFURo961TBDJJ1pklclj-o/w150-h200/IMG_20240224_122549154.jpg" width="150" /></a></div></div>Il cammino riprende. Si passa vicino a laghetti intorno ai quali d'estate pascola il bestiame, si vedono cancelli che introducono a ville sontuose, si sente ovunque l'abbaiare dei cani e dopo un po' si arriva al Focardo. C'è la casa del Peppone, il capo dei contadini che aveva accolto per primo i fuggiaschi dalla casa in fiamme. Lo ricordo cinquanta anni fa, alto, solenne, alle lacrime nel riconoscere mia madre, detta "La Picchia". ora ovviamente non c'è più, ma la figlia abita ancora la stessa casa e c'è il tempo per un breve, fuggevole saluto. E ora la casa, bellissima, dei miei prozii, Nina, sorella di mia nonna Ada e Robert Einstein. Per un varco si riesce a entrare nel giardino, sembra di sentire le risate, le ampie discussioni, di vedere arrivare ospiti illustri. Poi cala soprattutto un silenzio strano, il posto è intriso di un dolore che permane, quasi incollato alle pareti, alle finestre chiuse dai pesanti serramenti. E' una sofferenza immensa, il rumore degli spari, l'odore del sangue, il componimento dei corpi straziati. Ma è come se fosse rimasto lì, una parte penetrata in Robert fino al gesto estremo, una parte prigioniera del Focardo. Ha lasciato liberi tutti gli altri, ciascuno a suo modo, di vivere una vita piena di intensità, di umanità. c'è il tempo per sbirciare un stanza, quasi una cantina con le finestre rotte. <p></p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhdXK9K_6Afg4XXYurfzuOoCsdyhvH02-wziRvFgityGUPt_kqMJg5-pNrwRZiFluuQwIbFu24uXluU5P5-__YIvqKv9qvdH-tHBbIvmkcDbV_u7xq52goplQcT10MjJtueK0vSPW5qfQCIR-FGvxMxJrvPKPV5KIEyJle0_DkbaaJg6ElGj_jatwliqYo/s4160/IMG_20240224_123520807.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4160" data-original-width="3120" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhdXK9K_6Afg4XXYurfzuOoCsdyhvH02-wziRvFgityGUPt_kqMJg5-pNrwRZiFluuQwIbFu24uXluU5P5-__YIvqKv9qvdH-tHBbIvmkcDbV_u7xq52goplQcT10MjJtueK0vSPW5qfQCIR-FGvxMxJrvPKPV5KIEyJle0_DkbaaJg6ElGj_jatwliqYo/w150-h200/IMG_20240224_123520807.jpg" width="150" /></a></div>Dentro ci sono dei disegni, sembrano quasi messaggi pompeiani. La mano è forse di Paola o di Lorenza, a un grazioso uccellino può darsi che abbia collaborato anche mia madre. Sono sprazzi di luce, memoria di un tempo di grande gioia, stroncata da una sparatoria, una manciata di giorni prima della "Liberazione". Ma sanno suscitare anche adesso un sorriso. E permettono di uscire dalla villa, sorprendentemente, con nel cuore un'improvvisa sensazione di Speranza.<p></p><p>Basta uno sguardo, tra i presenti, per capirsi al volo. L'emozione lascia spazio alla gioia dello stare insieme. La vita è bella e vale la pena di essere vissuta. Chi l'ha persa così drammaticamente non soffoca, con una falsa idea di ricordo, la possibilità di continuare a sorridere. Al contrario, il ricordo, lungi dal suscitare l'odio, si trasforma in impegno. E in un abbraccio di pace.</p>Unknownnoreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-8122414822768006369.post-76109764965365688572024-02-19T11:18:00.001+01:002024-02-19T11:18:13.283+01:00Aquileia e l'Europa, un contributo a Nova Gorica con Gorizia, "capitale europea della Cultura 2025"<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg-YCiGk3J0DYJUlLQJzTcmEZb6LpHgL5kN9jjj0rztRmv5y1EoRQj-DzvOUkQHgA8nrbrm1XglfbBfm_CMyVhni-2Q-6lFSWXKJzOv62KOAHkkVAFOCSyug38rzNSZULL8kiV4QGS2ZjfbJlKpxOwD6IpdA7sCLZdigQp6B7NUdFvwSAuQemeW43RtUHc/s1587/IMG-20240212-WA0003.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1587" data-original-width="1123" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg-YCiGk3J0DYJUlLQJzTcmEZb6LpHgL5kN9jjj0rztRmv5y1EoRQj-DzvOUkQHgA8nrbrm1XglfbBfm_CMyVhni-2Q-6lFSWXKJzOv62KOAHkkVAFOCSyug38rzNSZULL8kiV4QGS2ZjfbJlKpxOwD6IpdA7sCLZdigQp6B7NUdFvwSAuQemeW43RtUHc/w452-h640/IMG-20240212-WA0003.jpg" width="452" /></a></div>Anche quest'anno l'Università della Terza Età di Cervignano del Friuli propone un cassai interessante corso gratuito, aperto a tutta la cittadinanza, dedicato alla storia di Aquileia. Si svolgerà ordinariamente ogni <b>MERCOLEDI', dalle 15.30 alle 17, presso la SALA CONSILIARE del Comune di AQUILEIA</b>. <p></p><p>Il tema di questa edizione è particolarmente avvincente. Si affronterà la realtà di "Aquileia e il mondo patriarcale nel medioevo", con alcuni approfondimenti particolarmente utili per comprendere l'eredità europea della storia aquileiese e le radici profonde della Capitale europea della Cultura 2025, Nova Gorica con Gorizia.</p><p>Si inizierà con l'archeologo Luca Villa che parlerà del ruolo del Patriarcato nel mondo tardoantico e altomedievale. La sua riflessione - particolarmente raccomandata in vista degli eventi del 2025 - sarà completata dall'intervento del direttore della So.Co,B.A. (cioè il sottoscritto), sul rapporto tra collocazione storico geografica e origini della cristianizzazione del mondo sloveno, in rapporto alla storia di Aquileia. La professoressa Silvia Blason spiegherà il ruolo del patriarca Poppone "uomo europeo", mentre l'esperta Elena Menon introdurrà il tema del pellegrinaggio ad Aquileia. Con Marino Del Piccolo, in un'uscita straordinaria presso l'hospitale di San Giovanni a san Tomaso di Majano, si parlerà degli hospitali e dei ricoveri per i pellegrini medievali. Seguirà un approfondimento relativo soprattutto al Cammino di Santiago, di nuovo da parte di Silvia Blason, del Gruppo Archeologico Aquileiese, con un breve riferimento al Cammino di San Martino, da parte di Marino Del Piccolo. L'ultimo incontro in loco si svolgerà presso il Museo Paleocristiano e sarà curato dall'archeologa Marta Novello, direttrice del Museo Archeologico Nazionale. Alla fine del corso, il 10 aprile, è prevista una visita di studio ai laghi di Bled e Bohinj, sulle orme dei leggendari Bogomila e Črtomir, protagonisti del Krst pri Savici, battesimo presso le sorgenti della Sava, il noto poema del grande poeta sloveno France Prešeren.</p><p>Per qualsiasi informazione, ci si può rivolgere alla segreteria dell'UTE di Cervignano (tel. 0431-34477).<br /></p>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8122414822768006369.post-34970922404185964122024-02-18T13:37:00.006+01:002024-02-18T13:38:17.553+01:00In ricordo di Johan Galtung (1930-2024), costruttore di pace<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgCE8RTuh0-VhF9GKm1LXq8pQGPfo8bBc4q4vl2e2m4c3qnTEQY5Bp_M9iiMajXbjW6faPdzzDnXP6S7vEwhSxYh6DxC4x2Fu8BX_PWlk6EFBj2XvIVjUSnoQ2fFk3mmyp_j3qDAKg7EMYGylGi1C2v-eIg5fM805Y2G3b57Xr0H_XpvHf7jmY0opXVSNo" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" data-original-height="275" data-original-width="220" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgCE8RTuh0-VhF9GKm1LXq8pQGPfo8bBc4q4vl2e2m4c3qnTEQY5Bp_M9iiMajXbjW6faPdzzDnXP6S7vEwhSxYh6DxC4x2Fu8BX_PWlk6EFBj2XvIVjUSnoQ2fFk3mmyp_j3qDAKg7EMYGylGi1C2v-eIg5fM805Y2G3b57Xr0H_XpvHf7jmY0opXVSNo" width="192" /></a></div><b><i>Il giorno 17 febbraio 2024 ha lasciato questo mondo Johan Galtung, uno scienziato dedicato alla costruzione della pace, in tutto il mondo. Per gentile disponibilità dell'autore, si pubblica qua un intenso e profondo ricordo, tracciato da Gianmarco Pisa, grande esperto di tematiche corrispondenti, in particolare di corpi civili di pace europei. Galtung è stato diverse volte a Gorizia, l'ultima nel 2008, in un periodo particolarmente attivo, grazie all'impegno della Provincia di Gorizia con Marko Marinčič, Silvano Buttignon, Paolo Zuliani e tanti altri, come pure della Regione Friuli-Venezia Giulia con Roberto Antonaz, Michele Negro, Gianfranco Schiavone, Francesca Tessaro, Alessandro Capuzzo e collaboratori. Mi scuso con chi non ho nominato, è solo per ricordare un tempo fecondo da far rivivere, nei nuovi attuali contesti locali e globali. Il testo è un po' lungo, ma assicuro che vale la pena affrontarlo nella sua interezza.</i></b><br /><p></p><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; mso-font-kerning: 0pt;">Johan Galtung (24 ottobre 1930 - 17 febbraio 2024). <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 4pt; mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; mso-font-kerning: 0pt;">Con la scomparsa di Johan Galtung, l’intera comunità
degli uomini e delle donne amanti della pace, e della «pace con giustizia», e
al suo interno la comunità, di elaborazione e di pratiche, degli operatori e
delle operatrici di pace, a tutte le latitudini, è, da oggi, più sola. Se ne va
una figura essenziale, seminale, un imprescindibile, della modalità con la
quale guardiamo (e interpretiamo) i conflitti, micro, meso, macro, persino
mega, come talvolta amava richiamare, e della modalità con la quale
interveniamo (e trasformiamo) nei conflitti, alimentando, sul sentiero della
ricerca e dell’azione da lui tracciato, la speranza del “trascendimento”. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 4pt; mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; mso-font-kerning: 0pt;">Nato a Oslo nel 1930, dottore di ricerca in matematica
(1956) e in sociologia (1957), è stato docente di Scienze per la pace ed
esperto nella mediazione e risoluzione dei conflitti. È il creatore del Metodo
Transcend per il trascendimento dei conflitti e il fondatore della Rete
Transcend per la pace, lo sviluppo e l’ambiente, nonché, precedentemente,
dell’Istituto Internazionale di Ricerca per la Pace di Oslo (1959) e del
Journal of Peace Research (1964). Ha insegnato in numerose università in tutto
il mondo, ad esempio ad Oslo, Berlino, Parigi, a Santiago del Cile, a Buenos
Aires, ma anche a Princeton, alle Hawaii, e ad Alicante. È stato professore
onorario alla Freie Universität di Berlino (1984-1993), dal 1993 professore
illustre di Studi sulla pace alla Università delle Hawaii e dal 2005 illustre
“visiting professor” presso la John Perkins University. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 4pt; mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; mso-font-kerning: 0pt;">Il suo impegno si è svolto sia nel campo della ricerca
sia nell’ambito della mediazione e della risoluzione dei conflitti. Sono oltre
150 i conflitti, sia di carattere internazionale, sia di ambito sociale, in cui
è stato impegnato. È autore di 96 libri e di oltre 1700 tra articoli e
capitoli. Tra i vari riconoscimenti, ha conseguito nel 1987 il «Right
Livelihood Award», il Nobel per la Pace alternativo e, tra i più recenti, il
titolo di laurea <i>honoris causa </i>in scienze politiche presso la
Universidad Complutense di Madrid (2017). Importantissima, d’altro canto, anche
la sua frequentazione italiana: indimenticabile la <i>lectio magistralis</i> da
lui tenuta al convegno del Centro Studi SOUQ del 13 dicembre 2013, nell’Aula
magna dell’Università degli Studi di Milano; non meno indimenticabile la sua <i>lectio
magistralis</i> (“Necessità e importanza di un Centro per la prevenzione dei
conflitti armati”) in occasione del Convegno nazionale su “La prevenzione dei
conflitti armati e la formazione dei corpi civili di pace”, tenuto a Vicenza il
3-5 giugno 2011 e che rappresentò un contributo decisivo per rilanciare il
percorso per la costruzione dei corpi civili di pace e per riaffermare
l’importanza cruciale della formazione degli operatori e delle operatrici. Fu,
al tempo stesso, un vero e proprio incontro di pace e di cittadinanza. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 4pt; mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; mso-font-kerning: 0pt;">Con lui se ne va la figura, sia consentita una simile
digressione, di un vero e proprio “rivoluzionario”: per le sue teorie, profonde
e innovative, riguardanti l’analisi “sul” conflitto e l’intervento “nel”
conflitto, e in quanto <span style="letter-spacing: -0.1pt;">fonte di ispirazione
nei vasti campi della costruzione della pace</span>. Il suo contributo
sull’importanza determinante, retroagente, degli orientamenti culturali (<i>attitudes</i>)
e delle contraddizioni strutturali (<i>contradictions</i>) nella dinamica dei
conflitti; la sua interpretazione del conflitto come manifestazione di
“incompatibilità” causate dall’azione di «culture profonde» e «strutture
profonde»; il suo approccio, olistico e razionale, alla dinamica del conflitto
e alla costruzione della pace, restano contributi decisivi sui quali si fonda
una moderna ricerca per la pace, e a partire dai quali occorre impostare una
coerente iniziativa di trasformazione e di trascendimento. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 4pt; mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; letter-spacing: -0.1pt; mso-font-kerning: 0pt;">Tanto è arduo sintetizzare in poche
righe il contributo di Galtung alla ricerca e alla prassi della costruzione
della pace</span><span style="font-family: "Times New Roman",serif; mso-font-kerning: 0pt;">, quanto è impensabile tacere di altri suoi contributi, per alcuni versi
più specifici, per altri più generali, della sua elaborazione intellettuale,
della sua ricerca concreta. Nessun operatore o operatrice di pace potrebbe oggi
fare a meno degli elementi fondamentali indicati da Galtung per il lavoro di
pace: empatia, nonviolenza, creatività. La creatività (<i>innovazione</i>) concepita
come «la capacità di andare oltre le cornici mentali delle parti in conflitto,
aprendo la strada a nuove modalità di concepire la relazione sociale». L’empatia
(<i>sentire insieme</i>) intesa come «la capacità di una comprensione profonda
... dell’Altro». La <i>nonviolenza</i>, in definitiva, come «la duplice capacità
di resistere alla tentazione di affidarsi alla violenza e di proporre soluzioni
nonviolente concrete». Questa capacità agisce sia ai fini della risoluzione del
conflitto, sia nella prevenzione della violenza.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 4pt; mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; mso-font-kerning: 0pt;">Attraverso questa filigrana, si legge un altro contributo
imprescindibile ispirato da Galtung per il lavoro di tutti gli attivisti e le
attiviste e di tutti i sinceri amanti della «pace con giustizia», un contributo
cui l’intera, vasta e plurale, comunità di Pressenza, mai potrebbe restare
indifferente: il “giornalismo di pace”. «Per parlare di giornalismo di pace,
bisogna parlare di pace. Per parlare di pace, bisogna parlare di conflitti e
della loro risoluzione. Per parlare di risoluzione dei conflitti, bisogna
parlare del profondo coinvolgimento degli Stati Uniti in molti conflitti
globali. Il ruolo del giornalismo non è solo quello di raccontare il mondo, ma
anche di rendere gli attori chiave - Stati, capitali, persone - <i>trasparenti</i>
gli uni agli altri. Il ruolo del giornalismo di pace è quello di identificare
le forze e le controforze a favore e contro la pace e di renderle visibili con
la loro dialettica, creando risultati che potrebbero rappresentare potenziali
soluzioni» (Galtung, 2015). <o:p></o:p></span></p><p>
</p><p class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 4pt; mso-layout-grid-align: none; text-autospace: none;"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; mso-font-kerning: 0pt;">Ci lascia un patrimonio, di ricerche e di pratiche,
vastissimo per quantità e inestimabile per qualità. Il suo Metodo Transcend è
stato tradotto in italiano grazie al prezioso lavoro degli amici e delle amiche
del </span><a href="https://serenoregis.org/wp-content/uploads/2015/12/Johan-Galtung-La-trasformazione-dei-conflitti-con-mezzi-pacifici-web.pdf"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; mso-font-kerning: 0pt;">Centro Studi
Sereno Regis</span></a><span style="font-family: "Times New Roman",serif; mso-font-kerning: 0pt;"> (Torino, 2006); il </span><a href="https://www.gandhiedizioni.com/prodotto/alla-scoperta-di-galtung"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; mso-font-kerning: 0pt;">Centro Gandhi</span></a><span style="font-family: "Times New Roman",serif; mso-font-kerning: 0pt;"> ha pubblicato
il saggio <i>Alla scoperta di Galtung</i> (Pisa, 2017); l’</span><a href="https://www.pisauniversitypress.it/scheda-libro/johan-galtung/affrontare-il-conflitto-978-886741-3256-575551.html"><span style="font-family: "Times New Roman",serif; mso-font-kerning: 0pt;">Università di
Pisa</span></a><span style="font-family: "Times New Roman",serif; mso-font-kerning: 0pt;"> il suo <i>Affrontare il conflitto. Trascendere e trasformare</i> (Pisa,
2014). Se ne va un grande costruttore di pace; resta il suo messaggio
prospettico, profondo, di nonviolenza, di pace e di giustizia. <o:p></o:p></span></p><p><br /></p>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8122414822768006369.post-45553807423663536082024-02-16T15:02:00.003+01:002024-02-16T15:02:14.847+01:00I racconti del pellegrino Jorge<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj83J3v9INTiIzOLDCozsP3uSkqdQsDmzbPaSFtM1ywfSOCarwUpf_ZQfA7cxczHNR87gi5sLst4wVmmvKtnGtTZhUDDvyYYkQ3OvrYv9DWaOz_sw_nr6QbU9N0rZQdZvw0FxBa18bXZYDk9_QTfOZVST6P7ZVSPRb5JHsIatnPjfBjoXdBiQGaMxB4rao/s4160/IMG_20240216_134240660.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4160" data-original-width="3120" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj83J3v9INTiIzOLDCozsP3uSkqdQsDmzbPaSFtM1ywfSOCarwUpf_ZQfA7cxczHNR87gi5sLst4wVmmvKtnGtTZhUDDvyYYkQ3OvrYv9DWaOz_sw_nr6QbU9N0rZQdZvw0FxBa18bXZYDk9_QTfOZVST6P7ZVSPRb5JHsIatnPjfBjoXdBiQGaMxB4rao/s320/IMG_20240216_134240660.jpg" width="240" /></a></div>"Stancarsi, bagnarsi, avere freddo, avere tagli sulla pelle, stare per strada e non disperare. Ridi di ogni situazione strana e difficile. Divertiti sotto la pioggia. Cerca, aspetta, trova. Parla con tante persone. Essere luce, essere presente, essere il messaggio, essere un cammino per gli altri".<p></p><p>A pensarci bene, è un meraviglioso programma per ogni umana esistenza. ma in questo caso sono le parole di Jorge, un pellegrino di 32 anni che è partito dalla sua abitazione, nel sud della Spagna e sta andando a piedi verso Gerusalemme.</p><p>Oggi è passato per Aquileia, dove si è fermato per contemplare le meraviglie dell'antica città e per una breve visita alla straordinaria Basilica. E' rimasto molto colpito dalla bellezza dell'arte e dalla forza della spiritualità che sgorgano da ogni frammento della chiesa. E ha raccontato volentieri la sua esperienza.</p><p>Ha raccolto un testimone da un familiare che non c'è più e avrebbe desiderato raggiungere questo obiettivo esistenziale. Si è sentito un po' oppresso dalla comodità di una società che offre ogni risposta alle domande materiali, ma che non sa favorire un approfondimento della dimensione spirituale e della conoscenza dell'altro. E si è messo in cammino, lasciandosi alle spalle relazioni affettive, esigenze del lavoro, preoccupazioni per il futuro. La sua casa è uno zaino contenente l'essenziale, le finanze consistono nella fiducia - assai ben ripagata, a sentire i suoi racconti - nella Provvidenza che porta il volto di tante persone incontrate lungo il percorso. A chi lo ospita, regala in cambio la sua simpatia, il suo sorriso e la sua interessante e profonda parola.</p><p>Ha voluto soffermarsi sulla riproduzione del Santo Sepolcro dell'XI secolo, sentendosi in qualche modo compartecipe del viandante Gisulfo che mille anni fa aveva seguito la stessa intuizione e si era diretto verso la Città Santa. Si affronta la fatica di una lunga strada, ci si imbatte in mille complesse o piacevoli avventure, si impara la pazienza di mesi e mesi scanditi dai passi, si tengono gli occhi aperti per contemplare il Mistero della Natura e dell'Uomo. La meta del più importante pellegrinaggio cristiano è paradossale. Se ogni altro "cammino" conduce in luoghi in cui si può venerare "ciò che resta (in latino reliquia)" di qualche personaggio che ha vissuto santamente o ha sperimentato l'incontro con il Maestro, quello in Terra Santa trova il suo pieno significato in un luogo in cui non c'è niente, un sepolcro vuoto dal "primo giorno dopo il sabato" di quasi duemila anni fa.</p><p>Dopo la breve sosta ad Aquileia, è ripartito, con lo zaino pesante, con il bastone in mano, con una gioiosa risata contagiosa, verso San Canzian d'Isonzo e poi verso la Slovenia, la Croazia, la Bosnia, il Montenegro, l'Albania, la Macedonia, la Grecia, la Turchia, il Libano e poi finalmente Gerusalemme.</p><p>"Ma perché fai tutto questo, non hai paura nell'andare così, tutto solo?" </p><p>"Non mi pongo questa domanda, vivo ogni istante con intensità, mi sto abituando a vivere il presente. Per esempio, in questo istante, mi fa piacere parlare con te. A tutto il resto penserò quando sarà il momento."</p><p>"Porti un grande messaggio, una vera alternativa alla civitas dei consumi che ci vuole soffocare."</p><p>"Non porto un particolare messaggio, ma mi rendo conto di essere io stesso il messaggio. Molte persone che mi incontrano mi scrivono successivamente per dirmi che quei minuti trascorsi insieme sono stati importanti, hanno in qualche modo risposto a domande impellenti che si ponevano nell'ordinarietà della loro vita."<br /></p><p>Anche il nostro incontro è stato bello e mi ha lasciato nel cuore un senso di autentica pace. Grazie, pellegrino Jorge e buon Cammino!</p>Unknownnoreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-8122414822768006369.post-84679892316652171412024-02-12T13:47:00.003+01:002024-02-12T13:47:23.689+01:00Il "ricordo", fra ragione e sentimento<p><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhGcrJpTVZUu6X_fqK0IJqFm4B5Sl_NZHV1eBkifNzYd_wOQOHdSc4yewH77rC8ivqdnqPjpbYtnFh3uc4RgOJ2pwt8E2zPQNhyphenhyphenm9FSiur0v_3YDw45vj2JkX4staWWuqUEDYpD_nLZlb-JH2YA45JaFsiIPVNn7UZz9mDvE0gFiWr16pehFCOq7yZLoHQ/s4160/IMG_20221113_150044638.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="3120" data-original-width="4160" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhGcrJpTVZUu6X_fqK0IJqFm4B5Sl_NZHV1eBkifNzYd_wOQOHdSc4yewH77rC8ivqdnqPjpbYtnFh3uc4RgOJ2pwt8E2zPQNhyphenhyphenm9FSiur0v_3YDw45vj2JkX4staWWuqUEDYpD_nLZlb-JH2YA45JaFsiIPVNn7UZz9mDvE0gFiWr16pehFCOq7yZLoHQ/w320-h240/IMG_20221113_150044638.jpg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Ricordo delle torture degli antifascisti, carceri di Gorizia </span></td></tr></tbody></table>In questi giorni si è parlato molto di memorie e di ricordi. E se, come qualcuno dice, questi fossero ancora vissuti come momenti nei quali si rende di nuovo vivo e presente ciò che è accaduto, sarebbe onesto riconoscere l'impossibilità di una "memoria condivisa". Anzi, la memoria non potrebbe altro che essere sempre "divisiva", in quanto le emozioni e i sentimenti delle persone coinvolte determinerebbero - come di fatto accade - l'inevitabile unilateralità dei punti di vista.<br /></p><p>Non c'è da farsi illusioni, le "giornate" non potranno fare altro che rinfocolare le polemiche, almeno fino a quando coinvolgeranno la sfera emotiva di chi le celebrerà. C'è anche da dire che, nel momento in cui ciò non accadesse più, esse si trasformerebbero in riti formali, incapaci di mobilitare la testa e il cuore. E' un po' il caso della "Memoria" del 27 gennaio, ridotta a un'ossessiva ripetizione di un "mai più" al quale - guardando come va il mondo - ci si crede sempre meno. </p><p>Come fare allora per rivalutare il senso di un'autentica ricerca storica che possa consentire la ricostruzione dell'intero contesto del XX secolo, all'interno del quale si sono svolti gli avvenimenti dei quali ci si vuole ricordare o fare memoria?</p><p>Il primo passo è assumere il metodo storico che necessariamente, se correttamente applicato, è per definizione svincolato dal coinvolgimento emotivo. Da una corretta e approfondita analisi dovrebbero emergere dati rigorosamente documentati e sguardi d'insieme in grado di evitare l'isolamento di alcuni particolari a danno del contesto complessivo. Per esempio, non si può studiare la prima guerra mondiale senza approfondire le conseguenze dei Trattati di Pace. Ricostruendo il ventennio del fascismo, non ci si può dimenticare delle persecuzioni e vessazioni subite dal popolo sloveno. E ponendo la lente sulla seconda guerra mondiale, è necessario ribadire le colpe oggettive di chi questo terribile conflitto lo ha voluto e sostenuto, cioè Hitler e il nazismo tedesco con Mussolini e il fascismo italiano. Quando si parla di foibe, occorre ricordare tutte le vittime di guerra - di tutte le parti coinvolte nel conflitto, a triste dimostrazione dell'inesistenza di una caratterizzazione etnica - che tra il 1943 e il 1945 hanno avuto la sventura di trovare in esse la loro tomba. Come poi non collegare agli eventi del maggio 1945 - non certo come giustificazione individuale, ma come spiegazione e giudizio storico - le "imprese" della Decima Mas durante l'occupazione nazi-fascista della Slovenia, i processi sommari, le fucilazioni, i paesi bruciati e la deportazione di donne e bambini sloveni nei campi di concentramento controllati dagli italiani? E pensando alla scelta di andarsene di migliaia di esuli "optanti" dopo gli Accordi di Parigi del 10 febbraio 1947, è inevitabile porsi anche dalla parte degli interlocutori che in quello stesso giorno potrebbero festeggiare la definitiva liberazione ufficiale della loro terra slovena, ingiustamente occupata dagli italiani sulla base del Trattato di Rapallo del 1920. </p><p>Questa analisi, in termini sintetici ma coinvolgenti, è già stata avviata, con il documento pubblicato nell'anno 2000 dalla Commissione Mista di storici sloveni e italiani, costituita a livello delle due Nazioni nel 1993, più di 30 anni fa. Molte serie ricerche storiografiche, radicate in quel fondamentale testo, hanno permesso successivamente di scoprire nuovi elementi e di evidenziare la fondatezza o meno di precedenti ricostruzioni, riguardanti i luoghi, i tempi, i numeri relativi alla reale consistenza dei fenomeni legati all'immediato dopoguerra. </p><p>La celebrazione della "Capitale europea della Cultura" può essere l'occasione per superare l'inevitabile scontro emotivo che caratterizza ogni passaggio del 10 febbraio? </p><p>Lo può essere eccome, se si fugge da due tentazioni, entrambe venefiche. La prima è quella di evitare di affrontare l'argomento, proprio perché si sa in partenza quanto sia "divisivo": parliamo solo di ciò che ci unisce, lasciamo perdere ciò che ci divide. Invece l'appuntamento del 2025 è proprio quello giusto per rispolverare il Documento del 2000 - purtroppo sostanzialmente dimenticato come punto di partenza - e sulla sua base riprendere un dialogo intenso, attraverso conferenze di storici documentati, presentazione e pubblicazione di dati e di solide ricerche, approfondimento di fatti e di antefatti.</p><p>La seconda è quella, apparentemente innocua ma in realtà pericolosa, di equiparare tutto, in nome di un malinteso umanitarismo. Ciò si è verificato nel passato attraverso la dolce espressione della "riconciliazione delle memorie". Si è inteso con ciò affermare la dignità di ogni essere umano, il giusto pensiero di pietà per ogni caduto, il rispetto profondo per il dolore di ogni familiare che piange i propri morti, senza avere spesso neppure una tomba sulla quale versare le lacrime. Ma non andando oltre al livello emotivo riguardante i casi individuali, si è rischiato di cancellare il giudizio storico, equiparando le vittime e i carnefici, i liberatori e gli oppressori, quelli che hanno combattuto dalla parte giusta e quelli dall'ingiusta. </p><p>Oppure - è il caso di questi giorni - si assiste a un processo di deresponsabilizzazione che in nome degli attuali buoni rapporti tra gli Stati confinanti, paradossalmente riconosce come colpevoli degli eventi connessi alla guerra nazi-fascista coloro che hanno contribuito in modo decisivo a portare alla conclusione tale conflitto e a cancellare dalla storia quelle dittature. Secondo questa vulgata, il fascismo e il nazismo - causa principale della guerra con tutte le sue conseguenza - sono assolti da ogni responsabilità relativa alle foibe, in quanto eventi accaduti nei giorni successivi la fine del conflitto. Le attuali Nazioni confinanti sono assolte in quanto non presenti all'epoca dei fatti. Gli unici colpevoli sarebbero quindi i "titini comunisti" (così sono stati chiamati anche ieri a Basovizza), animati da un incomprensibile e improvviso odio nei confronti di chi aveva collaborato con i sanguinosi regimi precedenti. E' fin troppo evidente quanto questa concezione sia un classico esempio di uso (distorto) politico della storia, in un momento di rinascenti nostalgie revisioniste.</p><p>La storia non si fa così, ma come ogni altra scienza, con dati e interpretazioni suffragate da documenti. Si lascino alla "memoria divisiva" le Giornate del Ricordo e si rispetti lo spazio individuale delle emozioni e dei ricordi dolorosi. Ma si affronti invece con serietà e metodo la Storia con la S maiuscola alla mano, un percorso collettivo di ricerca della verità per quanto possibile oggettiva, di approfondimento dell'intero contesto e di fondamento per un'autentica civile e costruttiva convivenza. Non con la costrizione del silenzio, ma con la parola frutto di uno studio intenso, il passato può divenire un tesoro di conoscenza dal quale attingere le risorse per costruire insieme un miglior presente e una prospettiva futura.</p>Unknownnoreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-8122414822768006369.post-6562776065536006512024-02-07T10:51:00.007+01:002024-02-07T10:51:32.514+01:00Sana pioggia di belle iniziative, verso il 2025<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiKqjj39-Kkd5qm61Vhr0LXmXrfpaw0gt7sP_u0_zNlzST1sL-q8I4QAaHunzSz71PqQhej6DWHPS062pRqOoUuXv4-a0byaXlhiI6P2hz-CKUMrHCPvaFBIZyt8Cz3aQtTD_EIGu8yfiDnMhHvfUC9VjhQDAb3eOHKOaMm1r_LO42yjEDTBp-8wuYfIT8/s4160/IMG_20240206_183316052.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3120" data-original-width="4160" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiKqjj39-Kkd5qm61Vhr0LXmXrfpaw0gt7sP_u0_zNlzST1sL-q8I4QAaHunzSz71PqQhej6DWHPS062pRqOoUuXv4-a0byaXlhiI6P2hz-CKUMrHCPvaFBIZyt8Cz3aQtTD_EIGu8yfiDnMhHvfUC9VjhQDAb3eOHKOaMm1r_LO42yjEDTBp-8wuYfIT8/s320/IMG_20240206_183316052.jpg" width="320" /></a></div>Quando meno te lo aspetti, là dove pensi di aver già visto tutto, scopri un gioiello del tutto inatteso. Ed ecco allora che si fa scoprire la stupenda cantina del santuario francescano della Kostanjevica, al termine di uno straordinario incontro di autentica cultura.<p></p><p>Nell'affollatissima sala principale del santuario sono stati presentati gli incunaboli custoditi nella biblioteca di Kostanjevica e nella knižnica Bevk di Nova Gorica. Oltre agli estensori dello straordinario lavoro di catalogazione portato avanti da un équipe composta da studiosi italiani e sloveni, hanno salutato i numerosi ospiti il padre guardiano del Convento e il sindaco di Nova Gorica Samo Turel. Il catalogo pubblicato e presentato è scritto in lingua slovena e in italiano, come a suggellare un passo importante del cammino verso la capitale europea della Cultura. Particolarmente interessante è stata la presentazione della diffusione degli incunaboli nel mondo e dello straordinario lavoro di identificazione e di raccolta portato avanti dai ricercatori nella biblioteche dell'intero Pianeta, al fine di giungere a un elenco completo di queste importantissime opere, che testimoniano il tempo intercorso tra l'invenzione della stampa e l'anno 1500.</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi6oobvMSGa_WOqJy_Z14DK40IxTiGlN3CztnWppTb4G8hWA52EWQPPNoVLWnMiD1icYPF4I3PXte0bJonEV9g8DRdaJ_YDzxTAzI3Yy7Rj8GVJ55CNJ4uRYUBofBCebOdoY3scKqbWlfazNzimZ_VvU1UML4caIITTY5ZB-tlP_StR7zzUVkvkzcdqGDs/s4160/IMG_20240205_183106484.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3120" data-original-width="4160" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi6oobvMSGa_WOqJy_Z14DK40IxTiGlN3CztnWppTb4G8hWA52EWQPPNoVLWnMiD1icYPF4I3PXte0bJonEV9g8DRdaJ_YDzxTAzI3Yy7Rj8GVJ55CNJ4uRYUBofBCebOdoY3scKqbWlfazNzimZ_VvU1UML4caIITTY5ZB-tlP_StR7zzUVkvkzcdqGDs/s320/IMG_20240205_183106484.jpg" width="320" /></a></div>Un'altra iniziativa significativa si è tenuto lo scorso lunedì al Trgovski dom di Gorizia. Curata da Zveza slovenskih kulturnih društev ETS e scritta da Aldo Rupel, è stata presentata la guida Slovenski obraz Gorice, Il volto sloveno di Gorizia, in sloveno, italiano e inglese. Si tratta di uno strumento molto agile, un ottimo tascabile che ha lo scopo di far conoscere ai visitatori alcuni aspetti di una Gorizia spesso meno nota, quella che testimonia l'importanza della presenza slovena nel territorio. In poche intense pagine si possono percorrere quattro suggestivi itinerari che consentono di conoscere nell'insieme la città e di accorgersi di quanti aspetti inediti si possano scoprire attraverso gli occhi e la penna di una persona esperta e competente come Rupel. Molto efficace l'elenco finale delle vie della città, riportate al toponimo originale cancellato dalla forzata italianizzazione.<p></p><p>Sono solo due tra le innumerevoli iniziative che accompagnano quest'anno la "Giornata della Cultura Slovena", particolarmente piena di prospettive, a un anno esatto dall'apertura delle celebrazioni relative alla capitale europea della Cultura 2025.</p>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8122414822768006369.post-1275685465880868602024-02-07T09:42:00.004+01:002024-02-07T09:44:24.685+01:00France Prešeren: una conferenza del prof. Miran Košuta<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgq1Sys00xJKBGqbWRxle0TbibF5XpLlxxBmjFa1i3fb0WunLNZ5i0LhA2v-U7DJLirnjdPY1tLfjiVbYGP55MjhghBW9zQnoKT6b3PDJ9Ra1dYVQOMA7FK5iDppp2wzz6PjShNGtkleTJMDbofBLXZpNSrOnS0f8ksEGLNuNtQMvyjmSIqdom4uPIGVMs/s4160/IMG_20230410_131337678%20(1).jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3120" data-original-width="4160" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgq1Sys00xJKBGqbWRxle0TbibF5XpLlxxBmjFa1i3fb0WunLNZ5i0LhA2v-U7DJLirnjdPY1tLfjiVbYGP55MjhghBW9zQnoKT6b3PDJ9Ra1dYVQOMA7FK5iDppp2wzz6PjShNGtkleTJMDbofBLXZpNSrOnS0f8ksEGLNuNtQMvyjmSIqdom4uPIGVMs/w400-h300/IMG_20230410_131337678%20(1).jpg" width="400" /></a></div>France Prešeren nasce a Vrba il 3 dicembre 1800 e muore a Kranj l'8 febbraio 1849. Nell'occasione, la Slovenija ricorda il suo grande poeta con una Giornata annuale di Festa nazionale. Per conoscere meglio la sua figura e comprendere il significato di tale celebrazione, si ripropone in questo contesto la magistrale riflessione offerta dal prof. Miran Košuta, un anno fa al Kulturni dom di Gorizia, in collaborazione con <i>Il libro delle 18.03:</i> <a href="https://www.youtube.com/watch?v=tpAPT-qHhHg&t=6s">France Prešeren</a><br /><p></p>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8122414822768006369.post-11633733085880399292024-02-03T18:06:00.006+01:002024-02-03T18:06:56.795+01:00Julius Kugy, a 80 anni dalla morte<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEie2Wbu6wabtLgFIa_Gm0Mhd9ge-VzoSIP0qn94wvnD8zHeBjutmzRCNoSqXwze9EJc9geIHmuk3Lh-fbfkMOUXxlQxHWvujpGr0nvDBIUt_oFfDtjmhjwfFr0gM3PYpwIKr7gcOhuWJAY4uJCIXtK6OYhGyUTOqI4Wde3XFYGus6k_0EM9gUfcJJZFTaM" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" data-original-height="714" data-original-width="713" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEie2Wbu6wabtLgFIa_Gm0Mhd9ge-VzoSIP0qn94wvnD8zHeBjutmzRCNoSqXwze9EJc9geIHmuk3Lh-fbfkMOUXxlQxHWvujpGr0nvDBIUt_oFfDtjmhjwfFr0gM3PYpwIKr7gcOhuWJAY4uJCIXtK6OYhGyUTOqI4Wde3XFYGus6k_0EM9gUfcJJZFTaM" width="240" /></a></div>Il 5 febbraio 1944, esattamente 80 anni fa, moriva Julius Kugy.<p></p><p>Era nato a Gorizia il 19 luglio 1858, nella casa dei conti Coronini, ma è vissuto sempre a Trieste, fino alla morte.</p><p>Ha dedicato la sua vita alla bellezza.</p><p>Ha iniziato da giovane, percorrendo in lungo e in largo il Carso, alla ricerca di qualche fiore o qualche pianta rara. Vedendo stagliarsi lontano le vette delle Alpi Giulie, fu letteralmente trascinato verso l'alto, raggiungendo per primo alcune cime, aprendo nuove vie e svelando molti segreti delle più straordinarie montagne. Non era mai solo. Si è circondato di alcune figure leggendarie di guide alpine, con il quale ha intessuto relazioni di stretta collaborazione, ma anche di sobria e profonda amicizia. Indimenticabili sono i ritratti di Andrej Komac, il silenzioso e affettuoso compagno delle più importanti ascensioni nel grippo del Triglav, di Anton Oitzinger, il vivace "re" di Valbruna, come pure delle guide valdostane. Affascinato dalla val Trenta, l'ha frequentata assiduamente, fino agli ultimi anni della sua vita, quando si sedeva proprio nel punto nel quale si erge ora la statua in sua memoria, contemplando il Veliki Ozebnik e l'inconfondibile Jalovec. Ha conosciuto nel profondo la gente della montagna che lo ha guidato anche nella ricerca del fiore mitologico, la Scabiosa Trenta, tra gli anfratti delle rocce scavate dai torrenti o sulle pericolose cenge affacciate sul vuoto che un tempo erano state le strade maestre di Zlatorog, il camoscio dalle corna d'oro, custode del regno fatato delle Rojenice, sotto la cuspide del divino Triglav.</p><p>Kugy era anche un ottimo musicista. Suonava regolarmente l'organo della chiesa evangelica luterana di Trieste ed era appassionato delle sonate di Bach, quanto delle "prime" sullo Jof di Montasio. La musica accompagnava la contemplazione della Natura e l'immersione tra i panorami alpini rafforzava la sua competenza musicale. Apprezzato da chiunque lo avesse incontrato, con l'amico Albert Bois de Chesne aveva collaborato all'apertura del meraviglioso giardino botanico "Alpinetum Juliana" presso la chiesa di Trenta, dove si possono trovare tutti i fiori presenti in quello che oggi è il più importante parco nazionale della Slovenia. Lì aveva conosciuto il parroco Josip Abram, talmente amato dai suoi parrocchiani da aver ottenuto da essi il soprannome di "Trentar". Kugy lo aveva definito "l'uomo più buono che avesse mai incontrato". Abram era un fine intellettuale, traduttore dall'ucraino allo sloveno, amico del grande pittore Tone Kralj, al quale aveva commissionato le pitture parietali di Trenta e si Soča, più tardi di Pevma, dove era stato trasferito al termine dell'esperienza montana.</p><p>Oltre a tutto ciò, Julius Kugy è ricordato perché non ha tenuto nascoste le sue passioni, ma le ha raccontate mirabilmente nei suoi libri. I tre principali sono <i>La mia vita nel lavoro, per la musica, sui monti</i> , <i>Dalla vita di un alpinista</i> e <i>Le Alpi Giulie attraverso le immagini, </i>pubblicati per la prima volta nella straordinaria traduzione italiana del grande Ervino Pocar, da Tamari Editori Bologna alla fine degli anni '60. Ciò che è stato per tutti Salgari, con i suoi libri di avventura che hanno spalancato a un paio di generazioni le porte dei mondi sconosciuti dell'estremo Oriente, è stato Julius Kugy per i ragazzi e i giovani amanti della Montagna. Con le sue parole ha preso per mano i curiosi e li ha convinti a salire i più impervi sentieri e ha aiutato a sognare coloro che per un motivo o per l'altro, non hanno potuto intraprendere la via delle limpide catene montuose. Ha unito avventura e spiritualità, ha celebrato con convinzione, nella fatica del salire come nella capacità di ascoltare e contemplare, l'autentica gioia della Vita. Non si può che ricordarlo con un immenso Grazie!<br /></p>Unknownnoreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-8122414822768006369.post-8002748393298308782024-02-02T12:22:00.007+01:002024-02-02T12:22:58.608+01:00Francesco ovvero la fine del cattolicesimo imperiale<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjE90UyR_mbjtqyGHSPf5NnoUOAyTp3JmI3NLGoYirWu_Cz9x6ncdveyXh46MUuvfP4KAyMzdm3zOK4Ae0Ddt3UVFyyPk2eeCq_pMNRkNiptl17mqunBwWedejOgXeNO51Be9RPa-zEwDoWLOWGMV2Y0OyUpgj9JG_5vH3pxn7UGtFQzhnjfbgcZ0nJUnw/s4160/IMG_20240129_165936011.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3120" data-original-width="4160" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjE90UyR_mbjtqyGHSPf5NnoUOAyTp3JmI3NLGoYirWu_Cz9x6ncdveyXh46MUuvfP4KAyMzdm3zOK4Ae0Ddt3UVFyyPk2eeCq_pMNRkNiptl17mqunBwWedejOgXeNO51Be9RPa-zEwDoWLOWGMV2Y0OyUpgj9JG_5vH3pxn7UGtFQzhnjfbgcZ0nJUnw/s320/IMG_20240129_165936011.jpg" width="320" /></a></div>La postmodernità sta inghiottendo uno delle più antiche <i>polis </i>del Pianeta. Il secolo XX proietta le sue ultime ombre. Dopo aver contribuito alla demolizione di gloriosi imperi, alla nascita e al tracollo delle più sanguinose dittature della storia, alla fine del sogno di una <i>koinè </i>ispirata dal comunismo, con un minimo ritardo prepara l'evaporazione del cattolicesimo.<p></p><p>Così strettamente legata all'evoluzione del capitalismo, la postmodernità sta svolgendo il ruolo delle macchine di distruzione che devono abbattere le case lesionate. Poi qualcuno toglierà le macerie ed edificherà un nuovo edificio, sempre che la fase di demolizione non sia tanto intensa da rendere impossibile la ricostruzione.</p><p>Jorge Bergoglio, contestatissimo Vescovo di Roma, con i suoi 87 anni, è in questo momento la persona più giovane del Pianeta. Ciò che sta compiendo, con un sempre meno marcato sorriso sulle labbra, è lo smantellamento delle colonne portanti che hanno consentito all'impero cattolico di sopravvivere per ben 1630 anni. Sì, tra il 5 e il 6 settembre 394, l'imperatore Teodosio sulle sponde del Frigidus (l'odierno Vipacco), sconfigge quello che i vincitori hanno definito l'"usurpatore" Eugenio, riunifica l'Impero Romano e applica all'intero enorme territorio l'editto di Tessalonica. Costantino e Licinio, nel 313, avevano proclamato l'editto di Milano, con il quale stabilivano - un po' come l'articolo 19 della Costituzione Italiana - la libertà di espressione di ogni culto religioso. Teodosio e company, con l'Editto di Tessalonica, riferendosi alla fede cristiana, nella sua versione definita (sempre dai vincitori) ortodossa, stabiliscono che <span style="background-color: white; color: #202122;"><span style="font-family: inherit;"><i>Chi segue questa norma sarà chiamato cristiano cattolico, gli altri invece saranno considerati stolti eretici; alle loro riunioni non attribuiremo il nome di chiesa. Costoro saranno condannati anzitutto dal castigo divino, poi dalla nostra autorità, che ci viene dal Giudice Celeste. </i>In pochi anni, da perseguitati i cristiani diventano perseguitanti e si avvia il processo di identificazione tra Chiesa e Impero che - in forme diverse - attraverserà tutto il Medioevo e resisterà strenuamente al sistematico attacco del pensiero moderno. Come ogni impero che si rispetti, anche quello cristiano aveva nella sua essenza la pretesa di essere eterno e universale, giustificando in questo modo qualsiasi aberrante forma di proselitismo e di conquista, postulando che fosse meglio morire piuttosto che disobbedire agli ordini del sovrano (nell'ordine, il Papa e l'Imperatore che si ritenevano diretta espressione della volontà di Dio). E come ogni impero che si rispetti, l'inevitabile percezione del fallimento del disegno egemonico a causa dell'intrinseca diversità degli umani e della limitatezza temporale di ogni loro impresa, ha portato a una lenta trasformazione che, passo dopo passo, ha raggiunto appena in questi anni la consapevolezza. Quello che si sta vivendo è il tramonto della Cattolicità, Papa Francesco si è assunto - consapevolmente o meno - il compito di avviare una notte dalla quale potrà forse finalmente sorgere un nuovo giorno.</span></span></p><p><span style="background-color: white; color: #202122;"><span style="font-family: inherit;">Questo passaggio, già intravvisto nel complesso dettato del Concilio Vaticano II (1962-1965), ma sotto la forma di compromesso tra partiti sostenitori di tesi opposte, ha alcuni punti di riconoscimento molto importanti. Per avviare soltanto il discorso, se ne possono citare come esempio tre. </span></span></p><p><span style="background-color: white; color: #202122;"><span style="font-family: inherit;">Francesco - o Bergoglio comunque lo si voglia chiamare - propone il primato della verità relativa su quella assoluta. In termini semplici, afferma come venga prima il riconoscimento fraterno della persona nella sua concreta situazione esistenziale e sociale, rispetto all'affermazione di principi assoluti ai quali occorrerebbe conformarsi per realizzare la propria vita.</span></span></p><p><span style="background-color: white; color: #202122;"><span style="font-family: inherit;">Francesco propone una visione della guida</span></span><span style="background-color: white; color: #202122; font-family: inherit;"> della Chiesa "secolarizzata". La percezione del Papa "uno fra i pari" (e i pari sono ogni essere umano, in particolare chi vive con maggior sofferenza lo stritolamento provocato dal capitalismo) e la famosa affermazione del "chi sono io per giudicare?", da una parte demoliscono il dogma (comunque sorprendente, data la difficoltà di sostenere una cosa simile!) del Vaticano I, secondo il quale "il Romano Pontefice", a determinate condizioni, non può sbagliarsi nel proporre la Verità della Rivelazione. Dall'altra parte afferma, in chiave essenzialmente postmoderna e personalista, che il supremo criterio per stabilire il bene e il male, non appartiene a un'autorità esterna, ma all'intimo della propria coscienza.</span></p><p><span style="background-color: white; color: #202122;"><span style="font-family: inherit;">Francesco propone di fatto di equiparare i percorsi di fede e di ricerca del senso del trascendente, rilanciando il dialogo ecumenico e interreligioso non solo sul piano di una cordiale convivenza, ma di un reciproco riconoscimento della fantasia di un appello a Dio non monocratico, ma essenzialmente pluralista e multiforme. In questa prospettiva, la parola proselitismo perde ogni significato e viene sostituita dal "dialogo", metodo per eccellenza di costruzione della vagheggiata comunione nella valorizzazione di ciascuna diversità.</span></span></p><p><span style="background-color: white; color: #202122;"><span style="font-family: inherit;">A leggerle con attenzione, le parole e le forme proposte da Bergoglio altro non sono che l'espressione di un profondo buon senso e, forse, dell'intelligente percezione di un'inattesa possibilità di mantenere vivo l'annuncio fondante del Maestro. Portano a termine un lungo processo, iniziato nella Vipavska dolina, a pochi chilometri da Gorizia, alla fine dell'estate del 394. E' la fine del cattolicesimo imperiale o dell'impero cattolico, non certo del cristianesimo in quanto tale. Francesco riporta la Chiesa alle origini, realizza in un certo modo il sogno di Lutero o la "forma" realizzata da Francesco di Assisi: l'imitazione di Cristo attraverso il solo Vangelo, affidato all'interpretazione soggettiva e non alla mediazione dell'autorità ecclesiastica.</span></span></p><p><span style="background-color: white; color: #202122;"><span style="font-family: inherit;">E' la speranza di ricominciare da capo, dalla misera grotta di Betlemme o dal dramma salvifico del Calvario. Sembra quasi di sentir dire "abbiamo capito male, ripartiamo dalle fondamenta". La strada è quella della contemplazione che non incide sull'azione, della fede radicalmente distinta dalla ragione, della città di Dio del tutto incompatibile con quella dell'uomo, della fine di ogni collateralismo in nome della purificazione dell'autenticità della fede, della libertà scevra da ogni commistione col Potere.</span></span></p><p><span style="background-color: white; color: #202122;"><span style="font-family: inherit;">E' facile immaginare le conseguenze si questa visione "de-istituzionalizzante". I tempi attuali sembrano essere caratterizzati dalla rapidità del loro svolgersi. E' quindi presumibile che sulla scia delle intuizioni "francescane", verrà meno la necessità di un apparato strutturale mastodontico: la Città del Vaticano, gli immensi possedimenti, i nunzi apostolici, le banche, le assicurazioni, gli intrallazzi, il maschilismo, il sacerdozio sacrale... Tutto ciò, se si prolungheranno i fili tessuti in questo pontificato, sparirà dalla storia e la voce della Chiesa tornerà a essere totalmente svincolata da ogni interesse politico o economico, a interpellare l'anima e l'animo delle persone, a offrire loro la vera ed essenziale parola innovativa, proposta dall'esperienza esistenziale del Cristo: la vittoria dell'amore sull'odio, del perdono sulla vendetta e - massima aspirazione di ogni essere - della morte sulla vita. Ma per ora, de hoc satis. </span></span></p>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8122414822768006369.post-64655583894135007962024-01-29T13:03:00.000+01:002024-01-29T13:03:03.423+01:00Alpinisti e pellegrini, rivoluzionari del nostro tempo<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEheu6GNXXmtcJ8dP_6mtgPxGEaheGxpL9p1sNvBUu8K4-Sd5Jwv4ca2UmL4JouX0yKi6sJr4ag8kMu3ZNoJ2_mYUBbUedZRRqZ_vAOVCqlkYf884GINT3RObts9n49AyhgWVVl7OiNfLojBcgwEodAriVn3IhEK-5F6lNDw8RXcewI8WScwVJc4a71G_b0/s3200/Begunci%20v%20Gorici.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><br /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhbDjIZ_9fN5ULs9MA7q_csZfRdPhjtd_FTOiJu5fsjDTGoiXffBD0xqXdew_YImtVS-h165s4v1rt7m_cc3dReMGq2mCFPwGjiKtYhmUub1ebefa8F4ATs3v0Ki0ih4zxivZuNKs4BdUWkC2eIz5lWlhkqqc5lU_-Qmc3a4o1q4V3wANpGwdfPaetndkE/s4160/IMG_20220724_151130711.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3120" data-original-width="4160" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhbDjIZ_9fN5ULs9MA7q_csZfRdPhjtd_FTOiJu5fsjDTGoiXffBD0xqXdew_YImtVS-h165s4v1rt7m_cc3dReMGq2mCFPwGjiKtYhmUub1ebefa8F4ATs3v0Ki0ih4zxivZuNKs4BdUWkC2eIz5lWlhkqqc5lU_-Qmc3a4o1q4V3wANpGwdfPaetndkE/w400-h300/IMG_20220724_151130711.jpg" width="400" /></a></div>La pianura è orizzontale. Forse permette di conoscere meglio il singolo particolare, ma inevitabilmente impedisce la visione d'insieme. <div><br /></div><div>La montagna è verticale, consente di allargare lo sguardo, di cogliere ampi orizzonti, senza per questo costringere a rinunciare al particolare.</div><div><br /></div><div>Lo sanno bene gli alpinisti che la sfidano - o forse accettano la sua sfida - contemplando dall'alto panorami incredibili, nello stesso tempo attenti alla minima incrinatura della roccia, possibile minimo appiglio o appoggio.</div><div><br /></div><div>Cosa spinge un essere umano ad affrontare la fatica del salire verso una vetta, l'adrenalina di affidare la propria vita a un chiodo piantato in una fessura incerta, il rischio di scivolare sul ghiaccio o di essere travolti da una valanga?</div><div><br /></div><div>La risposta più sensata l'ha forse offerta George Mallory. A chi gli chiedeva perché ci tenesse così tanto a scalare l'Everest, diceva lapidariamente "perché è lì!". Era uno che se ne intendeva, forse con il compagno di cordata Andrew Irvine è stato il primo a mettere piede sulla cima più alta del mondo. E' un grande e irrisolto giallo alpinistico, prima di precipitare negli abissi nepalesi, l'8 giugno 1924, avevano provato la gioia di essere arrivati in vetta? Probabilmente non lo si saprà mai.</div><div><br /></div><div>In fondo gli scalatori sono un po' come i pellegrini di una volta, quelli che, armati soltanto di bastone e fragile bisaccia, camminavano per anni o per tutta la vita, dipendendo totalmente dalle bizzarrie della Natura e dalla fragile fiducia negli esseri umani. </div><div><br /></div><div>Raccontano un'"altra" vita, rispetto a quella ordinaria, talmente diversa da non essere comprensibile a chi è immerso nello "squallido quotidiano", non riuscendo o non potendo alzare lo sguardo. La folla che si assiepa intorno ai binocoli del Rifugio Locatelli, segue con apprensione le avventure dei "ragnetti" che si inerpicano sulla parete strapiombante. Sono così piccoli, così indifesi, apparentemente spersi nell'immensità della Cima Ovest di Lavaredo. </div><div><br /></div><div>Proprio l'assoluta inutilità del loro gesto mette in discussione l'obiettivo dell'ordinaria funzionalità di ogni istante. La monotonia dell'essere costringe e a pensare che non esistano alternative. Si nasce, si cresce, ci si innamora, si entra nel tran tran, quando la salute tiene si invecchia e poi si muore. Così è sempre stato e così sempre sarà.</div><div><br /></div><div>E poi arriva lui, lo scalatore che, appeso al chiodo il seggiolino che ondeggia sull'abisso, si prepara a dormire nella solitudine della notte alpina, immaginando le difficoltà del giorno successivo. Oppure giunge il viandante, con la sola ricchezza dei suoi piedi scarnificati dalle piaghe e degli occhi grandi capaci di penetrare fin nell'intimo del cuore umano e al di là del velo che copre il segreto dell'esistenza dell'Universo.</div><div><br /></div><div>Dove vanno? Perché gli scalatori rischiano la vita per conquistare l'inutile, quando ormai gli stessi meravigliosi panorami li si può contemplare, raggiungendo le montagne con l'auto o con al funivia? Perché i pellegrini, i profughi, i viandanti non hanno una casa, un lavoro, una famiglia? Cosa cercano nel loro instancabile cammino?</div><div><br /></div><div>Cercano essenzialmente quello che ogni essere umano desidererebbe, ciò che la civitas del consumo ha atrofizzato, sostenendo e soprattutto convincendo ogni membro inconsapevole della società dell'opulenza, che il valore dell'avere sia più importante di quello dell'essere. Sì, ciò accade scindendo pericolosamente i due ausiliari della lingua italiana, contrapponendoli, così come i Nord del Mondo si contrappongono ai Sud, difendendo il diritto di possedere e negando quello di vivere. </div><div><br /></div><div>La banalità dell'esistere è la fonte della noia, radice profonda del sonno della ragione che genera mostri, come dal titolo di uno delle celebri acqueforti di Francisco Goya (1799). </div><div><br /></div><div>L'alternativa che riporta l'essere umano alla sua essenza è l'accoglienza della sfida, l'accettazione del rischio. Quello che lo scalatore e il viandante dimostrano, è che si può dare un senso non utilitaristico alla vita, anche senza far del male agli altri, ma sfidando sé stessi nell'orizzonte della Bellezza assoluta.</div><div><br /></div><div>L'alpinista estremo e il pellegrino assoluto sono dei rivoluzionari, testimoni credibili del primato dello spirito sulla materia, proprio per questo sono un richiamo che inquieta l'anima degli stanziali, a riscoprire il senso del tempo e dello spazio, contrastando l'ingiustizia e cercando di essere ovunque costruttori di pace.<br /><p></p></div>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8122414822768006369.post-44562157486579081142024-01-28T09:51:00.003+01:002024-01-28T09:53:12.446+01:00Lavori pubblici a Gorizia: se pòl saver qualcosa?<p>Nesuna intension de far polemike, solo me piasessi saver come che so 'ndade e come che andran le robe.</p><p>So bene, anche per esperienza personale, che i lavori pubblici sono la delizia e la croce di ogni amministratore e degli uffici che collaborano con lui. Per questo, sono consapevole di quanto spesso si verifichino incidenti di percorso, a volte imprevedibili, a volte meno, che ostacolano e prolungano all'infinito la durata delle operazioni.</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgd6uv4Yvh5zlfz2-5vx9akulURwhX0AdAVNO4KlBY4yfXsn-BDQ1_Tbqm_rGEbakkVs6_pYf5hbkhr4Lq9PYsb9MKhWu0jfmT3GY1BwnWaO4JXYrOOtcwW_ln3AGf7AdhXQV5Z2cWL2vhBmkpj_FoTB480KxY8s3WMstxDwivWBL6w4LgSDEhyphenhyphenetER86k/s4160/IMG_20240127_150100877.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4160" data-original-width="3120" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgd6uv4Yvh5zlfz2-5vx9akulURwhX0AdAVNO4KlBY4yfXsn-BDQ1_Tbqm_rGEbakkVs6_pYf5hbkhr4Lq9PYsb9MKhWu0jfmT3GY1BwnWaO4JXYrOOtcwW_ln3AGf7AdhXQV5Z2cWL2vhBmkpj_FoTB480KxY8s3WMstxDwivWBL6w4LgSDEhyphenhyphenetER86k/w150-h200/IMG_20240127_150100877.jpg" width="150" /></a></div>Ciò non toglie che sarebbe interessante, per il normale cittadino, poter conoscere la risposta ad alcune immediate domande: per esempio, ammettendo e sperando che effettivamente gli ascensori al castello siano finalmente inaugurati entro la prossima estate, quanto è costata, nell'insieme, tutta questa vicenda, partendo dal 1999 e arrivando fino al 2024 (comprendendo ovviamente anche temi e costi relativi al personale del Comune impiegato nella lunghissima "via crucis"?). Nel 2011, quando fu "bocciato" dai tre saggi il referendum cittadino, proposto dal Forum per Gorizia, Legambiente e altre associazioni ambientaliste, si gridava allo scandalo perché un eventuale blocco dell'iter avrebbe comportato una penale di circa 200.000 euro. Quanti milioni di euro sono stati investiti in più, negli ultimi 13 anni, rispetto ai costi preventivati in quel tempo? Senza contare, ovviamente, i costi di gestione, dei quali peraltro si è parlato anche recentemente sui giornali locali.<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiFEZp4vaUoCMbRQJsUtspSK1WDryNibdT52AObAS-4PSoRSu6rKlYNMF7cBlPSZ9vwGc_RvBpAXa1sULykhFYPkbRzT447gOxxH67AjhDKGn3fUfMKDtFszcQ5ptSK-qOAl0gq2Vcs431tYxH0u9IbBmwu4bbTIt8og41p8KaLOaDUNlMzv8WID24jyqI/s4160/IMG_20240127_150054430.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="3120" data-original-width="4160" height="150" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiFEZp4vaUoCMbRQJsUtspSK1WDryNibdT52AObAS-4PSoRSu6rKlYNMF7cBlPSZ9vwGc_RvBpAXa1sULykhFYPkbRzT447gOxxH67AjhDKGn3fUfMKDtFszcQ5ptSK-qOAl0gq2Vcs431tYxH0u9IbBmwu4bbTIt8og41p8KaLOaDUNlMzv8WID24jyqI/w200-h150/IMG_20240127_150054430.jpg" width="200" /></a></div><p></p><p>Un'altra domanda riguarda i ritardi. E' bene aprire tanti nuovi cantieri, ma è necessario spiegare con chiarezza i motivi dei tanti ritardi che si accumulano sulle opere pubbliche. Certo, ci possono essere tante cause, la pandemia, la frana, il fallimento di una ditta, i materiali scadenti. E' però necessario dirlo, spiegarlo e, poi ognuno farà la sua parte nel portare il messaggio agli altri cittadini. Se non ci si scusa e non si spiegano le cose adeguatamente, è difficile contenere il malumore.</p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg_9CVuhZzkUABV9XVfcUkkC2PTRar34ao7B1pZTYb6x8C3Ci5wc6bvcVpTHJlZxmbydK2p10THdYmlBMTOj3KBy4_6joxh7nT7lc2wd2rN1P82dcw7tayd9xZ348oW4Rvz29xhIIym_hRS-6sEQSftCZHffXAm-L4K2MnG0ymYec5E9-BCP1EtBFzG8ns/s4160/IMG_20240101_154238291.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4160" data-original-width="3120" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg_9CVuhZzkUABV9XVfcUkkC2PTRar34ao7B1pZTYb6x8C3Ci5wc6bvcVpTHJlZxmbydK2p10THdYmlBMTOj3KBy4_6joxh7nT7lc2wd2rN1P82dcw7tayd9xZ348oW4Rvz29xhIIym_hRS-6sEQSftCZHffXAm-L4K2MnG0ymYec5E9-BCP1EtBFzG8ns/w150-h200/IMG_20240101_154238291.jpg" width="150" /></a></div>Ora, ecco fra gli altri, tre piccoli esempi, uno dei quali mi sembra essere stato portato all'attenzione dei consiglieri nell'ultima seduta del Consiglio Comunale, quello relativo alla paesaggisticamente assai bella e storicamente straordinaria strada del Calvario. Il cartello del lavori indica la conclusione del tutto entro il 3 febbraio 2023. E' passato un anno e l'accesso alla sommità del monte è precluso, così come la scalinata storica che attendeva effettivamente da anni di essere adeguatamente ripristinata. E' passato il centenario della prima guerra mondiale, sono trascorsi altri sei anni, la Capitale della Cultura sarà la volta buona per una sistemazione complessiva dell'intera area?<p></p><p>Gli spalti del Castello - non tutto ciò che si prevede e che si spera sia realizzato senza intoppi, ma solo la suggestiva balconata pedonale che si affaccia sulla Rožna dolina - sono chiusi dal tempo del lockdown. Sono in atto gli opportuni interventi di consolidamento e messa in sicurezza che avrebbero dovuto essere completati entro il 4 ottobre 2023. Sono passati da allora quattro mesi, siamo sulla dirittura d'arrivo oppure occorre aspettare ancora molto? </p><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi2JlgkE6maZIpRIzw0xF5VIBGg1svmOHVtB1EI14h9j3xaCo8Rnst9q3ASdzltKgw8pwL8PApueQoW8P2KdD6lHSHsZyEyqn6DkpS3E4yCK-ItxVpcJvwXX0kD1Bn0cFJRX8roRrtAFY-QwRfa77Fatj2aJWaSlqTllttSlhSA1xpdc1xbMl3JxoZuwx4/s4160/IMG_20240104_164430637.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4160" data-original-width="3120" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi2JlgkE6maZIpRIzw0xF5VIBGg1svmOHVtB1EI14h9j3xaCo8Rnst9q3ASdzltKgw8pwL8PApueQoW8P2KdD6lHSHsZyEyqn6DkpS3E4yCK-ItxVpcJvwXX0kD1Bn0cFJRX8roRrtAFY-QwRfa77Fatj2aJWaSlqTllttSlhSA1xpdc1xbMl3JxoZuwx4/w150-h200/IMG_20240104_164430637.jpg" width="150" /></a></div>Infine la Valletta del Corno, è stata presentata come il Central Park di Gorizia. La conclusione dell'intervento è molto attesa, il ripristino di una zona preclusa da decenni ai cittadini, al di là dell'iperbole, può effettivamente dare un grande respiro alla vita della città. E può anche restituire al povero fiume Koren, che tanto ha fatto di buono in passato per Gorizia e per i Goriziani, almeno una parte della dignità che indubbiamente si merita. In questo caso il cartello, anche se imbrattato, parla chiaro: la conclusione del tutto - non solo del primo lotto, la cui fine ancora comunque non si vede - avrebbe dovuto essere intorno al 31 maggio 2022. Sono passati quasi due anni, è lecito sapere quando si chiuderà questa vicenda e, se e quanto siano costati questi ritardi?<p></p><p>Ecco, alcune domande alle quali sarebbe bello ricevere risposta, come ci insegnavano la saggia Sonia Santorelli e la tenace Rosa Maria Forzi, quando ci istruivano su cosa fossero la trasparenza amministrativa e la partecipazione attiva dei cittadini alla tutela del bene e dei beni comuni.</p>Unknownnoreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-8122414822768006369.post-23389997616542468372024-01-27T08:38:00.006+01:002024-01-27T22:22:56.818+01:00Giornata della Memoria 2024<p></p><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEji42GjHrb0g0xR3yeo-87ZQfes0V7PyW2fi__O_uiUyg0bMiqTGI79ReNqUgaWZszxcixnv-Nt6_E74-Z1NP99xqDYpkzLcenOEWKCgvasugZtQ8Tv8Twc5xrBNN4GqwhXhanhNcciGoZx2GQSAQZeyHlcQWNi00JUmmpXCCEuMeVDkPkDHmKhMCz4x3I/s4160/IMG_20230410_104336702%20(1).jpg" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="4160" data-original-width="3120" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEji42GjHrb0g0xR3yeo-87ZQfes0V7PyW2fi__O_uiUyg0bMiqTGI79ReNqUgaWZszxcixnv-Nt6_E74-Z1NP99xqDYpkzLcenOEWKCgvasugZtQ8Tv8Twc5xrBNN4GqwhXhanhNcciGoZx2GQSAQZeyHlcQWNi00JUmmpXCCEuMeVDkPkDHmKhMCz4x3I/s320/IMG_20230410_104336702%20(1).jpg" width="240" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Begunje, monumento ai Sinti vittime del nazismo</span></td></tr></tbody></table><p></p><p class="MsoNormal"><span><b><i>Vi propongo oggi la mia riflessione, tenuta a Gorizia, davanti al Monumento dedicato ai Deportati nei campi di sterminio durante la seconda guerra mondiale. E' un po' lunga, ma può servire come spunto di approfondimento, in questa Giornata della Memoria 2025.</i></b></span></p><p class="MsoNormal"></p><p class="MsoNormal"><span style="line-height: 107%;">Lepo
pozdravljeni vsi skupaj. Buona giornata a tutte e tutti voi qui presenti.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span style="line-height: 107%;">In realtà
non stiamo vivendo buone giornate e mai come quest’anno la “Giornata della
Memoria” si presenta da una parte come urgente occasione di riflessione, dall’altra
come pietra d’inciampo che disturba la retorica del politicamente corretto.<o:p></o:p></span></p>
<div style="border: 1pt solid rgb(217, 217, 227); mso-border-alt: solid #D9D9E3 .25pt; mso-element: para-border-div; padding: 0cm;">
<p class="MsoNormal" style="border: none; line-height: normal; margin-bottom: 5pt; mso-border-alt: solid #D9D9E3 .25pt; mso-padding-alt: 0cm 0cm 0cm 0cm; padding: 0cm;"><i><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT; mso-font-kerning: 0pt; mso-ligatures: none;">Opravičujem se slovenskim </span></i><i><span lang="SL" style="color: black; mso-ansi-language: SL; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT; mso-font-kerning: 0pt; mso-ligatures: none;">tovarišem</span></i><i><span style="color: black; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT; mso-font-kerning: 0pt; mso-ligatures: none;">,
govoril bom v italijanščini, z nekaj krajšimi poudarki tudi v slovenščini.
Kolikokrat v teh dneh slišimo izreči besede s močnim čustvom: Jamais plus, Mai
più, nikoli več!? Vendar se te besede vse bolj zdijo zgolj retorična vaja, ko
jih postavimo pred dramatičnost sedanjosti.<o:p></o:p></span></i></p>
</div>
<div style="border-bottom: solid windowtext 1.0pt; border: none; mso-border-bottom-alt: solid windowtext .75pt; mso-element: para-border-div; padding: 0cm 0cm 1pt;">
<p align="center" class="MsoNormal" style="border: none; line-height: normal; margin-bottom: 0cm; mso-border-bottom-alt: solid windowtext .75pt; mso-padding-alt: 0cm 0cm 1.0pt 0cm; padding: 0cm; text-align: center;"><span face=""Arial",sans-serif" style="display: none; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT; mso-font-kerning: 0pt; mso-hide: all; mso-ligatures: none;">Inizio modulo<o:p></o:p></span></p>
</div>
<p class="MsoNormal"><span style="line-height: 107%;">Quante volte
in questi giorni sentiamo pronunciare con vibrante emozione le parole: Jamais
plus, Mai più, Nikoli ve</span><span lang="SL" style="line-height: 107%; mso-ansi-language: SL;">č!? Ripeterlo tutti insieme,
costantemente, non è tuttavia sempre il modo per evitare che i tragici eventi
si possano ripetere. C'è invece il rischio che tale rituale stracciamento di
vesti, trasformi il necessario ricordo in una melensa e deresponsabilizzante
condanna di eventi che, se non interpretati nel contesto attuale, vengono
confinati in un passato che per quanto terribile, non disturba di fatto più
nessuno.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span lang="SL" style="line-height: 107%; mso-ansi-language: SL;">La realizzazione del »mai più« passa invece proprio
attraverso il coraggio della scelta individuale, in particolare di quella che
un tempo si chiamava obiezione di coscienza. Don Lorenzo Milani ricordava che
»l'obbedienza non è più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni«. I
gerachi nazisti, a Norimberga, giustificavano i loro crimini sostenendo di
»aver obbedito agli ordini«, o, in altra versione, di »aver applicato la
legge«. Ecco, se ogni tedesco e ogni italiano non avessero compiuto scelte che
hanno portato al nazismo e al fascismo e se poi non avessero obbedito agli
ordini, Hitler e Mussolini non avrebbero avuto alcun ruolo nella storia della
Germania e dell'Italia. Pensiamoci bene, quanto sia importante l'assunzione
della responsabilità individuale...<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span lang="SL" style="line-height: 107%; mso-ansi-language: SL;">In realtà la memoria, se è autentica, è sempre divisiva
perché – come ci ricordava Stojan Pelko il 30 dicembre scorso citando le tele
squarciate di Lucio Fontana – essa è come una ferita che strappa una parte
dall'altra, che costringe ad attraversarla per poterla curare. Un po' come,
citando un noto filosofo italiano, suggeriva</span><span lang="SL" style="line-height: 107%; mso-ansi-language: SL; mso-ascii-font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-hansi-font-family: Calibri;">: </span><i><span style="line-height: 107%; mso-ascii-font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-hansi-font-family: Calibri;">"Di
fronte al peso della memoria dobbiamo essere irragionevoli (deraisonnable)! La
ragione è l'eterno cartesianesimo. Contro Cartesio, bisogna scegliere Galileo:
il più bello è pensare "contro", pensare "nuovo". Spesso il
ricordo impedisce la resistenza, il rifiuto, l'invenzione."</span></i><span lang="SL" style="line-height: 107%; mso-ansi-language: SL; mso-ascii-font-family: Calibri; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-hansi-font-family: Calibri;"><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span lang="SL" style="line-height: 107%; mso-ansi-language: SL;">E' proprio questo che vogliamo portare avanti oggi, in
una Giornata che finalmente torni a non essere scontata e che ci metta di
fronte a questioni delicate e scomode, che occorre affrontare: il genocidio che
si sta consumando nella striscia di Gaza non ci consente di fare finta di
niente. La »memoria divisiva« è l'unica che può consentire il riconoscimento e
la denuncia dei semi di razzismo dai quali sono nate e purtroppo sono di nuovo
cresciute, le venefiche piante del fascismo e del nazismo <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span lang="SL" style="line-height: 107%; mso-ansi-language: SL;">E' con questa premessa che ricordiamo oggi le vittime di
tante inenarrabili tragedie verificatesi nel corso del XX secolo. Il nostro
pensiero va a 17 milioni di esseri umani, donne, uomini e bambini – ebrei, ma
anche rom, sinti, omosessuali, oppositori politici, persone portatrici di varie
disabilità, testimoni di Geova - tutti innocenti, indifesi e inermi, trascinati
nelle camere a gas e, come cantava Guccini, »passati per un camino«. Facendo
memoria della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz, da parte
dell'Armata Rossa, il 27 gennaio 1945, si devono ricordare anche tutte le altre
vittime del nazismo e del fascismo negli altri campi di sterminio – anche nella
»nostra« Risiera di San Sabba – e nelle ricorrenti stragi attuate in Italia e
in Europa, dalle SS, ma anche dalla Wermacht, come pure dalla Decima Mas.
Quest'ultima, con il golpista Junio Valerio Borghese, collaborò attivamente con
i soldati tedeschi in tutto il nord Italia e si rese protagonista, anche
autonomamente, di rastrellamenti, vessazioni, esecuzioni di civili, torture
talmente gravi da suscitare perfino le proteste dei funzionari della Repubblica
di Salò. Era questa l'organizzazione onorata dai »miti vecchietti« che lo
scorso sabato sono stati ricevuti con i loro inquietanti labari e con tutti gli
onori nel Municipio di Gorizia.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span lang="SL" style="line-height: 107%; mso-ansi-language: SL;">Lo sterminio voluto da Hitler con la complicità di
Mussolini, rappresenta il male assoluto, ma è anche l'esito inevitabile dell'affermarsi
delle ideologie che presuppongono l'intolleranza, il razzismo, l'ipernazionalismo,
il crimine sistematico, che portano il nome di fascismo e nazismo.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span lang="SL" style="line-height: 107%; mso-ansi-language: SL;">Nella »memoria« odierna possiamo a buon diritto
aggiungere il triste e purtoppo lunghissimo elenco delle stragi di innocenti,
uccisi per rappresaglia o per appartenenza culturale e religiosa. Il »mai più«
dovrebbe essere amplificato dal ricordo non solo degli enormi numeri, ma anche
di ogni singola vittima dell'estrema violenza che ha generato i campi di
sterminio. <span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><i><span lang="SL" style="color: #374151; line-height: 107%; mso-ansi-language: SL; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">V Italiji na primer se spominjamo tudi na pokole
nedolžnih civilistov leta 1944: Sant'Anna di Stazzema – stotine nedolžnih in
neoboroženih mrtvih –, Marzabotto – skoraj dva tisoč nedolžnih in neoboroženih
umorjenih in mnogo drugih krajev, katerih imena nas opominjajo na podobne
tragedije.<o:p></o:p></span></i></p>
<p class="MsoNormal"><span lang="SL" style="line-height: 107%; mso-ansi-language: SL;">(Dato che quest'anno ricorre l'ottantesimo anniversario
dell'evento, consentitemi anche un ricordo più »personale«. Si tratta
dell'eccidio della villa del Focardo, presso Firenze dove, alla vigilia
dell'arrivo degli Alleati, il 3 agosto 1944, i soldati tedeschi hanno fucilato
sul posto Luce e Anna Maria – di 26 e 18 anni – soltanto perché portavano un
cognome ebreo e la loro madre Nina Mazzetti, moglie di Robert Einstein, cugino
diretto di Albert. Le uccisero senza pietà, davanti agli occhi delle cugine, ospiti
degli zii, risparmiate perché non ebree. Una di esse era mia madre.)<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span lang="SL" style="line-height: 107%; mso-ansi-language: SL;">Come dimenticare inoltre ciò che hanno compiuto gli
italiani nella Primorska durante il fascismo e in Slovenija durante la seconda
guerra mondiale? Per chi non se le ricordasse, ripetiamo le inqualificabili parole
razziste di Mussolini nel 1920, ben prima dell'emanazione delle vergognose
leggi razziste del 1938: </span><i><span style="background: white; color: black; line-height: 107%; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">Di fronte a una razza come la slava, inferiore e barbara, non
si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone. Io
credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani.</span></i><span lang="SL" style="line-height: 107%; mso-ansi-language: SL;">
Ljubljana, tra il 1941 e il 1943, è stata trasformata in un campo di
concentramento a cielo aperto affidato alla custodia degli italiani, da dove
non si poteva né entrare né uscire. Facciamo memoria delle stragi di civili, del
»si uccide troppo poco« di Robotti, dell'incendio di decine di paesi –
recentemente documentato in un intenso film di Nadja Velušček e Anja Medved; non
dimentichiamo i crimini fascisti attuati in Jugoslavija e in tutti i Balcani,
le deportazioni e la morte di migliaia di civili – donne, bambini, anziani -
deportati in quanto sloveni nei campi di Borovnica, Rab, di Gonars, Visco, Sdraussina,
Kostanjevica.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span><o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span lang="SL" style="line-height: 107%; mso-ansi-language: SL;">Sarebbe importante nominare una a una tutte queste
vittime. Per farsi un'idea, relativa al solo mondo ebraico, nel monumento memoriale
di Yad Vashem, presso Gerusalemme, una voce scandisce ogni minuto – giorno e
notte - ciascuno dei nomi degli uccisi. Occorrono più di dieci anni per
nominarli tutti. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><i><span lang="SL" style="color: #374151; line-height: 107%; mso-ansi-language: SL; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">Ampak "nikoli več" ostane jalovo, če ni volje
za iskanje vzrokov tega, kar se je zgodilo, če se ne vrneš nazaj v zgodovino in
če nisi sposoben brati sedanjosti z drugačnimi kategorijami od tistih, ki so
povzročile katastrofo.<o:p></o:p></span></i></p>
<p class="MsoNormal"><span lang="SL" style="line-height: 107%; mso-ansi-language: SL;">Tornando al presente, al posto di quella che ho chiamato
»memoria divisiva«, chi non vuole fare i conti con l'eredità del fascismo in
Italia e anche nella nostra Regione, preferisce<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>invocare </span><span style="line-height: 107%;">una
cosiddetta “riconciliazione pacificante”, basata sulla revisione fantasiosa o
pretestuosa dei dati storici e soprattutto sulla richiesta – implicita o
esplicita - </span><span lang="SL" style="line-height: 107%; mso-ansi-language: SL;">di collocare sullo stesso piano le vittime e i carnefici.
Va senz'altro in questa direzione la legge 92/2004, emanata a grande
maggioranza dal Parlamento italiano, che fissa la data della cosiddetta »Giornata
del Ricordo« il 10 febbraio. Lo stesso si potrebbe dire, se non fosse stata
dimenticata perfino dagli stessi che l'hanno proposta, della »memoria e del
sacrificio degli Alpini« caduti nella la battaglia di Nikolajewka, fissata con
la legge 44/2022 il 26 gennaio. Queste date portano a<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>porre sullo stesso piano situazioni
totalmente diverse, proponendo un'assoluzione generale e un medesimo criterio
di giudizio.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span lang="SL" style="line-height: 107%; mso-ansi-language: SL;">La memoria delle immani violenze e della volontà
distruttiva di intere categorie di persone, che si sono verificate nei campi di
sterminio e altrove, non può essere paragonata in alcun modo con il ricordo
dell'esodo volontario dall'Istria e dalla Dalmazia, degli italiani che si sono
sentiti minacciati dal nuovo Stato Jugoslavo. Il dramma delle foibe, nella sua
versione più nota, è l'ultima pagina della seconda guerra mondiale, voluta e
scatenata da Hitler e Mussolini. E' una pagina triste, la cui interpretazione
deve essere lasciata agli storici di professione, non a fiction di pessima
qualità, finalizzate solo a sollecitare le emozioni degli spettatori o ai video-scoop di giornalisti che vogliono dimostrare presunte tesi
precostituite. La questione può essere riportata a rivalse politiche, in alcun
modo a una volontà sistematica di cancellazione dell'identità italiana. Nel
rispetto della sofferenza di chi è stato coinvolto, questi atti di guerra non c'entrano
con la sistematica volontà di annientamento generale di donne, uomini e bambini,
propugnata e portata avanti nella soluzione finale. Un soprassalto di precisione, in questo ambito, lo si deve soprattutto alle stesse vittime,
anche a quelle ricordate nei monumenti del Parco della Rimembranza, i cui nomi
sono stati recentemente oggetto di un'analisi approfondita, coordinata da Anna
Di Gianantonio. A questo proposito, vorrei ribadire pieno accordo con la
proposta dell'ANPI, affinché il Comune si adoperi per realizzare un monumento
che ricordi gli oltre tremila deportati – soprattutto sloveni, ma anche ebrei e
antifascisti italiani - passati per il carcere di via Barzellini e torturati, prima
di essere condotti nei campi di concentramento o anche alla fucilazione. A essi
il libro di Luciano Patat ha riconsegnato un'identità e la recente traduzione
in lingua slovena ha riconsegnato i nomi e i cognomi originari,
forzatamente<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>italianizzati nel
ventennio. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span lang="SL" style="line-height: 107%; mso-ansi-language: SL;">Insomma, l'invito alla »riconciliazione« è in realtà un tentativo
di porre, anche sul piano del giudizio storico, tutto sullo stesso piano, evitando
in qualsiasi modo di parlare di ciò che è scomodo e può (anzi deve) generare divisioni. </span></p><p class="MsoNormal"><i><span lang="SL" style="color: #374151; line-height: 107%; mso-ansi-language: SL; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">Tako kot se
pogosto omenja v teh časih v Gorici, ko govorimo o odnosu z Novo Gorico v luči
Evropske prestolnice kulture. <o:p></o:p></span></i></p>
<p class="MsoNormal"><i><span lang="SL" style="color: #374151; line-height: 107%; mso-ansi-language: SL; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">Ko gledamo sedanjost, med neskončnimi možnimi točkami, bi
izbral dve, tisto, ki se nanaša na sprejem migrantov, in tisto, ki se nanaša na
svetovni mir</span></i><span face=""Segoe UI",sans-serif" lang="SL" style="color: #374151; mso-ansi-language: SL;">.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span lang="SL" style="line-height: 107%; mso-ansi-language: SL;">Una riflessione in più meritano oggi i temi
dell'accoglienza e della guerra. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span lang="SL" style="line-height: 107%; mso-ansi-language: SL;">Tutto il Pianeta è in movimento. I conflitti infuriano
almeno in trenta Paesi e costringono alla fuga popolazioni intere. La fame
falcia milioni di vite umane, mentre nel cosiddetto »Occidente« si discetta sui
divani televisivi sulla differenza tra i profughi dalle guerre e i migranti
economici, che non avrebbero il diritto di fuggire dalla miseria. Di fronte a
questa situazione cosa succede in Italia e in Europa (e non solo)? Che non sono
mai state avviate autentiche politiche di accoglienza, mentre si sono
moltiplicate quelle di difesa. Il fortino occidente si difende – qualcuno
vorrebbe anche con le armi – dall'arrivo di decine di migliaia di poveri. C'è
già una »Giornata delle memoria« delle vittime cadute nel corso delle
migrazioni, ma ha un risalto infinitesimale, quasi nessuno la celebra, il 3
ottobre di ogni anno. Papa Francesco richiama spesso l'ecatombe di migranti nel
Mar Mediterraneo, ma non dimentichiamo i morti nei fiumi e boschi del Balcani,
i detenuti nei campi di concentramento in Turchia, in Libia e nelle isole
greche. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span lang="SL" style="line-height: 107%; mso-ansi-language: SL;">Ma anche sotto i nostri occhi, abbiamo tanti richiedenti
asilo »di passaggio« a Gorizia, assistiti nella fase dell'urgenza soltanto dal
volontariato. Chi non ricorda qualche anno fa la galleria Bombi? Chi non sa
cosa accade oggi, intorno alla stazione ferroviaria e alla Casa Rossa? Come si
può dire »Mai più razzismo« e respingere oltre i confini chi bussa alle nostre
porte, non accorgersi delle ferite e delle piaghe dei lunghi cammini, rifiutare
quelle cure che Lorena Fornasir e Gianandrea Franchi prestano in Piazza
Libertà, lasciare per mesi le persone affondate nel fango del Silos di Trieste?
O anche far finta di niente – nella nostra bella <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Gorizia/Gorica - davanti a cento poveri che
ogni sera e notte, dal pieno dell'estate fino a qualche giorno fa, si sono riparati
solo con una coperta portata da chi li assiste, in balia della pioggia, del
vento e del freddo autunnale? Sono esseri umani, essendo qua fra noi dovrebbero
essere considerati alla stregua di ogni Goriziano, con gli stessi diritti e gli
stessi doveri, non come un ingombro da rimuovere per spazzare il salotto buono
della città, in vista degli avvenimenti del 2025. Mi sembra difficile gridare
»Mai più il razzismo« e poi ridurre le persone a oggetti da sballottare di qua
e di là, negare addirittura ogni sostegno a chi chiede soltanto di avere un
luogo nel quale pregare, guardare con sospetto ogni persona portatrice di una
visione religiosa o filosofica diversa dalla propria.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span lang="SL" style="line-height: 107%; mso-ansi-language: SL;">Riguardo alla guerra, il tema oggi è più delicato che
mai. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><i><span lang="SL" style="color: #374151; line-height: 107%; mso-ansi-language: SL; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">Če, zaradi časovne omejitve, pustim ob strani Darfur,
Sudan in Južni Sudan, Jemen in mnoge druge kraje "kjer zemlja gori",
se bom osredotočil le na dva konflikta, ki sta danes najbolj v središču
svetovne pozornosti, tudi zato, ker bi se z njihovo razširitvijo lahko prešlo
iz tega, kar mnogi imenujejo razpršena Tretja svetovna vojna, v dejansko vojno y
upletenostjo celotnega planeta.<o:p></o:p></span></i></p>
<p class="MsoNormal"><span lang="SL" style="line-height: 107%; mso-ansi-language: SL;">In Ucraina, la situazione era chiara fin dal primo
momento. L'unica soluzione possibile era e continua a essere una ed
esclusivamente una, quella della trattativa tra le parti in causa, in grado di
garantire i diritti di tutti, compreso le popolazioni russofone della Crimea e
del Donbass. L'Europa e gli USA non hanno voluto sostenere la forte iniziativa
di pace promossa fin da subito dal Vaticano e da pochi altri Paesi. Hanno
deciso di inviare le armi a Zelensky e anche l'Italia – con l'accordo di quasi
tutto l'arco parlamentare – sembra voler continuare su questa strada. E così,
senza sostanziali cambiamenti, centomila e più giovani soldati, e migliaia di
civili, russi e ucraini hanno perso la vita nei due anni di questa quanto mai
definibile »orrenda carneficina« e »inutile strage«. Non si può dire »Mai più
la guerra« e continuare a pensare di risolvere la situazione, soltanto
continuando a inviare armi nell'Europa Orientale!<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span lang="SL" style="line-height: 107%; mso-ansi-language: SL;">E oggi non si può evitare un cenno a quella che i
credenti chiamano Terra Santa. Ciò che Israele sta compiendo a Gaza è un
genocidio. Bombardare sistematicamente un territorio già di per sé ridotto alla
fame, provocare la morte di oltre 10mila bambini (su 25.000 caduti finora),
cos'altro si può chiamare se non genocidio? Gli attentati di Hamas del 7
ottobre sono stati un gesto efferato, da condannare senza esitazione, possono
essere spiegati ma non giustificati da ottanta anni di continue vessazioni e incredibili
ingiustizie subite dal popolo palestinese. La reazione dell'esercito israeliano
– sostenuto dagli USA e dall'Unione Europea - è totalmente scentrata e
sproporzionata. Occorre riconoscere, con il segretario delle Nazioni Unite
Gutierrez,che ciò che si sta verificando non è altro che un inaccettabile massacro
attuato attraverso i bombardamenti e la riduzione di un'intera popolazione al
rischio di morte per fame. <o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span lang="SL" style="line-height: 107%; mso-ansi-language: SL;">No, l'attuale politica dello Stato di Israele non può
essere accettata o assolta, con il riferimento al pericolo dell'antisemitismo e
alle prove subite dagli ebrei durante il nazismo. L'antisemitismo è un veleno
da combattere in tutti i modi possibili, la persecuzione o l'oltraggio agli
ebrei in quanto ebrei è stato e continua a essere un disonore per l'intera
umanità. Ma in questa Giornata della Memoria 2024, <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>è necessario dire forte che anche qualsiasi
altra persecuzione nei confronti di donne, uomini e bambini, motivata solo
dall'appartenenza culturale o religiosa, è altrettanto un disonore per l'intera
umanità. No quindi – nel mondo e nella nostra Capitale europea della Cultura - a
ogni forma di razzismo, all'antisemirismo come all'islamofobia, all'omofobia,
al maschilismo, alla xenofobia, al nazionalismo esasperato, alla schiavitù in
tutte le sue forme e a qualunque ideologia che tenda a sminuire la dignità di
ogni essere umano, unico e irripetibile. Si può e si deve quindi condannare
senza alcuna esitazione l'antisemitismo, ovunque si manifesti, senza per questo
rinunciare a esprimere una chiara condanna della strategia di guerra adottata
da Israele contro i palestinesi della striscia di Gaza.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><i><span lang="SL" style="color: #374151; line-height: 107%; mso-ansi-language: SL; mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">Torej, resnično "Nikoli več, Mai più", bi bilo
danes verodostojno le, če bi ga spremljala enotna volja po izkoreninjenju
vsakega znaka rasizma in nacionalizma v naši družbi, po sprejetju politik
gostoljubja in solidarnosti do ljudi, ki prihajajo iz vsega sveta, po odvzemu
zaupanja orožju kot orodju za reševanje planetarnih problemov, po ponovnem
potrjevanju poti pogajanja kot edine možne, humane in racionalne rešitve, po
zahtevi za takojšnje prenehanje sovražnosti v Ukraini, po prekinitvi genocida,
ki poteka v Gazi.<o:p></o:p></span></i></p>
<p class="MsoNormal"><span lang="SL" style="line-height: 107%; mso-ansi-language: SL;">Forse i pensieri odierni sono stati un po' diversi,
rispetto alle cose da dire ritualmente in ogni Giornata della Memoria. L'obiettivo
non era quello di celebrare asetticamente la memoria di un evento del passato,
ma offrire dei criteri per contestualizzarlo nel presente e rendere concreto il
rituale »mai più«.<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span lang="SL" style="line-height: 107%; mso-ansi-language: SL;">Per questo, ringraziandovi per l'attenzione, concludo
ribadendo:<o:p></o:p></span></p>
<p class="MsoNormal"><span lang="SL" style="line-height: 107%; mso-ansi-language: SL;">Smrt fašizmu, svoboda narodu!</span></p><p></p>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8122414822768006369.post-77281563685404937882024-01-21T10:19:00.002+01:002024-01-21T10:26:52.465+01:00Kulturna prestolnica in filozofija miru. Capitale della cultura e filosofia della pace. Magistrski prispevek Stojana Pelka. Un magistrale intervento di Stojan Pelko.<p></p><table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhMFoqWudDjLNFuNGFnBpcUn2u1flFDD0pY2kKMtMOY_6FDjfEKntFnHMrgWbHE1YUVLmW26J9WV2z-pZEYbuEypoW1uZysYdlALJmWRJIlfHpcL84ZC92Lel4CKl6m-st5zLp4CwkEwl5t73aDGSRmqhMEWqe1HcoDmvECggsWjBFSwU50E6mwGuhk3fs/s4160/IMG_20231230_152714567.jpg" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="3120" data-original-width="4160" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhMFoqWudDjLNFuNGFnBpcUn2u1flFDD0pY2kKMtMOY_6FDjfEKntFnHMrgWbHE1YUVLmW26J9WV2z-pZEYbuEypoW1uZysYdlALJmWRJIlfHpcL84ZC92Lel4CKl6m-st5zLp4CwkEwl5t73aDGSRmqhMEWqe1HcoDmvECggsWjBFSwU50E6mwGuhk3fs/s320/IMG_20231230_152714567.jpg" width="320" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: xx-small;">Un'immagine del Convegno di Pax Christi del 30 dicembre a Gorizia</span></td></tr></tbody></table> <i><b>Pubblico oggi, nell'originale sloveno e poi in mia traduzione italiana, il magistrale
intervento del filosofo Stojan Pelko - responsabile del programma Capitale europea della cultura 2025 per GO2025 - sul tema “Pace e Capitale europea della
Cultura. Lo ringrazio di cuore, perché nel suo discorso – già pubblicato sull’ottimo
<a href="http://forumgoriziablog.it">forumgoriziablog.it</a> - ci sono molti spunti di riflessione che vanno oltre al contesto
del Convegno sulla pace che si è tenuto il 30 dicembre presso la sede di
Gorizia dell’Università di Trieste. Riguardano invece la situazione generale
del mondo e la possibilità che l’umanità inverta la marcia e si impegni nella
strada della vera pace e mai più della guerra.</b></i><p></p><p class="MsoNormal"><i><b><o:p></o:p></b></i></p>
<p class="MsoNormal"><i><b><span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;">Objavljam danes, magistrski prispevek
filozofa Stojana Pelka - Programski vodja EPK 2025 - na temo "mir in Evropska prestolnica kulture".
Z iskrenim srcem se mu zahvaljujem, saj v njegovem govoru - že objavljenem na
odličnem <a href="http://forumgoriziablog.it">forumgoriziablog.it</a> - najdemo veliko miselnih vzvodov, ki presegajo
okvir konference o miru, ki je potekala 30. decembra na sedežu Univerze v Trstu
v Gorici. Namesto tega se nanašajo na splošno stanje sveta in možnost, da
človeštvo spremeni smer ter se zavzame za pravo pot miru, nikoli več vojne.</span><o:p></o:p></b></i></p><p class="MsoNormal"><span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><br /></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 6pt;"><b><span lang="SL" style="font-family: "Cambria",serif; font-size: 12pt; line-height: 150%;">Kulturna
prestolnica in filozofija miru<o:p></o:p></span></b></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 6pt;"><span lang="SL" style="font-family: "Cambria",serif; font-size: 12pt; line-height: 150%;">Stojan
Pelko<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 6pt;"><span lang="SL" style="font-family: "Cambria",serif; font-size: 12pt; line-height: 150%;"> </span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 6pt;"><i><span lang="SL" style="font-family: "Cambria",serif; font-size: 12pt; line-height: 150%;">Buenu
komu il pan.<o:p></o:p></span></i></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 6pt;"><span lang="SL" style="font-family: "Cambria",serif; font-size: 12pt; line-height: 150%;">Spoštovani,
nalašč začenjam s stavkom v jeziku, ki ga ne govorimo, a ga vsi razumemo.
Razumete ga tisti, ki govorite italijansko in ste torej doma v romanskih
jezikih. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 6pt;"><span lang="SL" style="font-family: "Cambria",serif; font-size: 12pt; line-height: 150%;">Razumem
ga jaz, ki me materina slovenščina in babičina bosanščina delata za govorca
slovanskih jezikov. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 6pt;"><span lang="SL" style="font-family: "Cambria",serif; font-size: 12pt; line-height: 150%;">In
verjamem, da ga razume precejšen del sveta, ki je kdajkoli v življenju slišal
kaj španščine, francoščine, hebrejščine ali se morda učil latinščine. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 6pt;"><i><span lang="SL" style="font-family: "Cambria",serif; font-size: 12pt; line-height: 150%;">He
was as good as bread.<o:p></o:p></span></i></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 6pt;"><span lang="SL" style="font-family: "Cambria",serif; font-size: 12pt; line-height: 150%;">Ga je v
angleškem izvirniku <i>zapisal</i> ameriški pisatelj bosanskega rodu,
ukrajinskih korenin in židovskega porekla, Aleksandar Hemon. Nam, ki poznamo
pisca in kraje, iz katerih prihaja, se zdi, da ga je najprej <i>mislil </i>v
bosanščini<i>: Bio je dobar ko kruh.<o:p></o:p></i></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 6pt;"><span lang="SL" style="font-family: "Cambria",serif; font-size: 12pt; line-height: 150%;">Poznamo
ga, ker ga beremo – in ker smo ga povabili na <i>Evropsko prestolnico kulture</i>.
Andrea Bellavite, ki me je povabil sem – in ki vam danes prenaša moje besede –
je sedel zraven mene, ko sva ga poslušala v pritličju novogoriške knjižnice
Franceta Bevka. Avtorjeve besede v bosanščini so do njega prihajale v
brezhibnem italijanskem prevodu, zato je lahko razumel in začutil vse finese
avtorjeve subtilnosti – in zato sva se lahko spogledovala in kimala drug
drugemu. In na moje vprašanje avtorju, od kod drznost in pogum, da lahko stavke
v tujih jezikih piše sredi angleščine, ne da bi potreboval prevodov v opombah
na dnu strani, je pisatelj pojasnil, da ravno v Novi Gorici in Gorici še kako
dobro razumemo, <i>kako se nas besede primejo, kadar potujemo skozi svetove.</i><o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 6pt;"><span lang="SL" style="font-family: "Cambria",serif; font-size: 12pt; line-height: 150%;">Kdor je že
prebral Hemonov roman <i>The World and All That It Holds (</i></span><i><span lang="SL" style="background: white; color: #202122; font-family: "Cambria",serif; font-size: 12pt; line-height: 150%; mso-bidi-font-family: Arial;">Il mondo e tutto ciò
che contiene), </span></i><span lang="SL" style="background: white; color: #202122; font-family: "Cambria",serif; font-size: 12pt; line-height: 150%; mso-bidi-font-family: Arial;">je na koncu odkril, da cel roman dolgujemo štirim vrsticam
pesmi, ki mu jih je med podpisovanjem knjig leta 2001 v Jeruzalemu zapela Rahela
Pinto, potomka dveh glavnih junakov romana. Iz enega srečanja in nekaj verzov
se je rodil eden najlepših romanov začetka stoletja. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 6pt;"><span lang="SL" style="background: white; color: #202122; font-family: "Cambria",serif; font-size: 12pt; line-height: 150%; mso-bidi-font-family: Arial;">Ali res? Ne, ni res:
morala so se zgoditi cela <i>partikularna</i> življenja – in zgodbe se je moral
lotiti avtor, ki je ta življenja znal dvigniti na nivo <i>univerzalne</i>
zgodovine.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 6pt;"><span lang="SL" style="background: white; color: #202122; font-family: "Cambria",serif; font-size: 12pt; line-height: 150%; mso-bidi-font-family: Arial;">Zakaj nas torej
Hemonov <i>Svet</i> (z malo in veliko začetnico) zadeva, nas tukaj, v Gorici,
in nas zdaj, konec leta 2023?<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 6pt;"><span lang="SL" style="background: white; color: #202122; font-family: "Cambria",serif; font-size: 12pt; line-height: 150%; mso-bidi-font-family: Arial;">Po eni strani zato,
ker govori o stoletju, ki se je začelo v avstro-ogrskem Sarajevu in končalo v
izraelsko-palestinskem Jeruzalemu. Ker govori o tem, kako je ljubezen močnejša
od smrti, a tudi o tem, kako je vojna močnejša od miru. Zato o miru ne moremo
govoriti, ne da bi govorili tako o Srebrenici kot o Gazi. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 6pt;"><span lang="SL" style="background: white; color: #202122; font-family: "Cambria",serif; font-size: 12pt; line-height: 150%; mso-bidi-font-family: Arial;">Po drugi strani pa
zato, ker bomo v EPK 2025 ravno v preteklih <i>partikularnih</i> zgodovinah
poskusili iskati <i>univerzalne</i> zgodbe: enkratnost in hkratna univerzalnost
sle po življenju in ustvarjanju slikarja Zorana Mušiča, enkratnost in hkratna
univerzalnost osvobajanja norosti izpod okovov družbenega discipliniranja psihiatra
Franca Basaglie, enkratnost in hkratna univerzalnost možnosti gradnje novega
mesta arhitekta Edvarda Ravnikarja … To so naše zgodbe, to je naša zgodovina.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 6pt;"><span lang="SL" style="background: white; color: #202122; font-family: "Cambria",serif; font-size: 12pt; line-height: 150%; mso-bidi-font-family: Arial;">Naša zgodba je tudi
Pasolini, ki je, zvest Matejevemu evangeliju, položil v usta svojemu Kristusu
besede: <i>»… nisem prišel, da prinesem mir, ampak meč.«</i> (Mt, 10,34)<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 6pt;"><span lang="SL" style="background: white; color: #202122; font-family: "Cambria",serif; font-size: 12pt; line-height: 150%; mso-bidi-font-family: Arial;">In tudi nedavno
umrli Toni Negri, ki je v biopolitičnem abecedariju <i>Du retour </i>(ki sem ga
iz francoščine prevedel v slovenščino kot <i>Vrnitev</i>)<i>, </i>za geslo pod
črko J najprej pomislil na <i>»Jamais plus la guerre!« - </i>Nikoli več vojne!
In pojasnil: ker mu je vzela očeta, ki so mu fašisti dali piti ricinusovo olje;
ker mu je vzela brata, ki je padel na fronti leta 1943; ker se je družina šele
po dvanajstih bombardiranjih Padove zatekla na deželo, kjer pa so zavezniki
dnevno bombardirali most, ki so ga Nemci vsako noč znova zgradili. <o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 6pt;"><span lang="SL" style="background: white; color: #202122; font-family: "Cambria",serif; font-size: 12pt; line-height: 150%; mso-bidi-font-family: Arial;">In vendar … in
vendar Negri v najtežjih trenutkih vojne dobi, kot sam pravi, »nadomestnega
očeta« v deset let starejšem partizanu iz Trenta, študentu medicine, ki je
postal mož njegove sestre. In katere besede uporabi Negri v izvirniku <i>Vrnitve
</i>za svojega svaka – očeta<i>? »C'est quelq'un du bien.« </i>Bil je dober tip.
<i><o:p></o:p></i></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 6pt;"><span lang="SL" style="background: white; color: #202122; font-family: "Cambria",serif; font-size: 12pt; line-height: 150%; mso-bidi-font-family: Arial;">Morda bi lahko rekli
tudi »… dober kot kruh, <i>buenu kome il pan«</i>?<i><o:p></o:p></i></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 6pt;"><span lang="SL" style="background: white; color: #202122; font-family: "Cambria",serif; font-size: 12pt; line-height: 150%; mso-bidi-font-family: Arial;">Dve zgodbi, več
usod, isto stoletje. Družinske vezi in družba, ki jih strga s silo moči. Ali
»nikoli več vojne« zares pomeni zgolj mir – ali pa se je mogoče sili zgodovine
in teži spomina zoperstaviti kako drugače kot z nostalgijo ali tradicijo? Tu
želim biti učenec <i>»cattivo maestro« </i>in vam povzeti, kaj sem se od njega
naučil, tako skozi prevod kot skozi pogovore z njim v Parizu, Ljubljani in
Benetkah. Takole pravi Negri, še vedno pod črko »J«:<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 6pt;"><i><span lang="SL" style="background: white; color: #202122; font-family: "Cambria",serif; font-size: 12pt; line-height: 150%; mso-bidi-font-family: Arial;">»Soočeni s težo
spomina moramo biti nerazumni (deraisonnable)! Razum je večno kartezijanstvo.
Proti Descartesu je treba izbrati Galileja: najlepša reč je misliti »proti«,
misliti »novo«. Spomin pogosto prepreči upor, zavrnitev, invencijo.«<o:p></o:p></span></i></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 6pt;"><span lang="SL" style="background: white; color: #202122; font-family: "Cambria",serif; font-size: 12pt; line-height: 150%; mso-bidi-font-family: Arial;">In tu se Hemon in
Negri ponovno srečata. Hemon v jeruzalemskem zaključku, ki je v resnici mitični
začetek geneze njegovega romana, zapiše<i>:<o:p></o:p></i></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 6pt;"><i><span lang="SL" style="background: white; color: #202122; font-family: "Cambria",serif; font-size: 12pt; line-height: 150%; mso-bidi-font-family: Arial;">»Značilen simptom
melanholije je, da si raje domišljamo zgodovino namesto prihodnosti, saj se nam
prihodnost zdi nedostopna in negotova, medtem ko je preteklost vse, kar je, kar
je mogoče v neskončnost reproducirati.«<o:p></o:p></span></i></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 6pt;"><span lang="SL" style="background: white; color: #202122; font-family: "Cambria",serif; font-size: 12pt; line-height: 150%; mso-bidi-font-family: Arial;">Dovolite mi, da si,
neskromno, kot <i>motto</i> naše skupne goriške evropske prestolnice kulture
izberem prav to <b>stavo na prihodnost, na invencijo in upor</b>, kakor jo je
imela na enem od bedžev napisana Rahela Pinto, ko je zapela Hemonu: <b><i>Remember
the Future!<o:p></o:p></i></b></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 6pt;"><span lang="SL" style="background: white; color: #202122; font-family: "Cambria",serif; font-size: 12pt; line-height: 150%; mso-bidi-font-family: Arial;">Veste, kaj pomeni
»spominjati se prihodnosti«? Ne vstopati vanjo v miru, temveč z mečem v pomenu <i>razločevanja
</i>(kakor Lukov evangelij natančneje definira Matejev mir: <i>»Mislite, da sem
prišel prinašat mir na zemljo? Ne, vam rečem, ampak razdeljenost.«</i> (Lk,
12,51).<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 6pt;"><span lang="SL" style="background: white; color: #202122; font-family: "Cambria",serif; font-size: 12pt; line-height: 150%; mso-bidi-font-family: Arial;">Ko bomo gledali
Mušičeve risbe trupel iz Dachaua, bomo mislili na trupla iz Gaze. In ko bomo
gledali rdeče madeže na belih rjuhah, bomo mislili na Lucia Fontano: kadar je
podoba prehuda, nobene barva ne zaleže – ampak je treba <i>zarezati v platno</i>.
<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 6pt;"><span lang="SL" style="background: white; color: #202122; font-family: "Cambria",serif; font-size: 12pt; line-height: 150%; mso-bidi-font-family: Arial;">In ker mi je Andrea
v naslov postavil »filozofijo miru«, naj končam s filozofom, ki me je največ
naučil o filozofiji in življenju – Gillesom Deleuzom. Prav podobo Fontaninega
reza v platno uporabi za ključno prispodobo o ustvarjalni nuji umetnika
(povzemam iz knjige, ki sta jo napisala skupaj s Felixom Guattaraijem, <i>Kaj
je filozofija?</i>):<i><o:p></o:p></i></span></p><p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 6pt;"><span lang="SL" style="background: white; color: #202122; font-family: "Cambria",serif; font-size: 12pt; line-height: 150%; mso-bidi-font-family: Arial;">Ljudje si pred težo
sveta delamo dežnike, potem pa v varnem zavetju nanje pišemo mnenja in slikamo
klišeje. Resnični umetnik pa ne riše po marelah: ne, on <i>zareže</i> v to
varno zavetno platno, da bi spustil skozi piš prepišnega kaosa, ki nam ponudi
bleščečo vizijo nečesa novega, dotlej <i>nepojmljivega. </i>Zato se umetnik ne
bori toliko s kaosom, kot s klišeji. In zato tudi umetnost ni kaos, ampak <i>kompozicija
kaosa, ki nam prinese vizijo. <o:p></o:p></i></span></p><p class="MsoNormal">
</p><p class="MsoNormal" style="line-height: 150%; margin-bottom: 6pt;"><span lang="SL" style="background: white; color: #202122; font-family: "Cambria",serif; font-size: 12pt; line-height: 150%; mso-bidi-font-family: Arial;">Ko boste videli <i>reze</i>
na naših podobah, plesih, filmih, gledaliških predstavah, romanih in pesmih,
vedite, da gre za takšne reze – ne z mečem vojne, temveč z <i>umetniškim
rezilom razločevanja. </i>Da bomo znali vedeti in videti, kdo je v tem našem
kaotičnem svetu … <i>buenu kome il pan. </i>In ja, Hemon je obljubil, da se
leta 2025 vrne! Hvala in mir z vami.<o:p></o:p></span></p><p class="MsoNormal"><span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"><br /></span></p><p class="MsoNormal"></p><div style="border: 1pt solid rgb(217, 217, 227); mso-border-alt: solid #D9D9E3 .25pt; mso-element: para-border-div; padding: 0cm;">
<p style="border: none; margin-bottom: 15.0pt; margin-left: 0cm; margin-right: 0cm; margin-top: 0cm; margin: 0cm 0cm 15pt; mso-border-alt: solid #D9D9E3 .25pt; mso-padding-alt: 0cm 0cm 0cm 0cm; padding: 0cm;"><span style="mso-spacerun: yes;"> </span><span face=""Segoe UI",sans-serif" style="color: #374151;"><br />
Città capitale della cultura e filosofia della pace Stojan Pelko<o:p></o:p></span></p>
<p style="border: none; margin-bottom: 0cm; margin-left: 0cm; margin-right: 0cm; margin-top: 15.0pt; margin: 15pt 0cm 0cm; mso-border-alt: solid #D9D9E3 .25pt; mso-padding-alt: 0cm 0cm 0cm 0cm; padding: 0cm;"><span face=""Segoe UI",sans-serif" style="color: #374151;">Buon
pane a chi lo merita. Rispettabili, intenzionalmente inizio con una frase in
una lingua che non parliamo, ma che tutti comprendiamo. La comprendono coloro
che parlano italiano e sono quindi a casa nei linguaggi romanzi. La comprendo
io, reso parlante dalle mie radici slovene e dalla lingua bosniaca di mia
nonna. E credo che la capisca una buona parte del mondo che abbia mai sentito
parlare spagnolo, francese, ebraico o che forse ha imparato il latino. He was
as good as bread. Questo è stato scritto nell'originale inglese dallo scrittore
americano di origine bosniaca, radici ucraine e origine ebraica, Aleksandar
Hemon. A noi, che conosciamo lo scrittore e i luoghi da cui proviene, sembra
che l'abbia pensato prima in bosniaco: Era buono come il pane. Lo conosciamo
perché lo leggiamo, e perché lo abbiamo invitato a essere la Capitale Europea
della Cultura. Andrea Bellavite, che mi ha invitato qui - e che oggi trasmette
le mie parole a voi - era seduto accanto a me quando lo ascoltavamo al piano
terra della biblioteca di Nova Gorica, traducendo le parole dell'autore dal
bosniaco all'italiano con perfetta precisione. Così poteva capire e percepire
tutte le sottili sfumature della sottigliezza dell'autore, e così potevamo
scambiarci sguardi e annuire reciprocamente. Alla mia domanda all'autore, da
dove derivasse l'ardire e il coraggio di scrivere frasi in lingue straniere in
mezzo all'inglese, senza bisogno di note a piè di pagina, lo scrittore spiegò
che proprio a Nova Gorica e Gorizia capivamo bene come le parole ci attaccano
quando attraversiamo mondi. Chi ha letto il romanzo di Hemon, "The World
and All That It Holds" (Il mondo e tutto ciò che contiene), ha scoperto
alla fine che l'intero romanzo è debitore di quattro righe di una poesia
cantata da Rahela Pinto durante la firma dei libri nel 2001 a Gerusalemme,
discendente di due dei protagonisti del romanzo. Da un incontro e alcune versi
è nato uno dei più bei romanzi dell'inizio del secolo. Ma è vero? No, non è
vero: dovevano accadere intere vite particolari - e le storie doveva
affrontarle uno scrittore capace di elevarle al livello di storia universale.
Perché, quindi, il Mondo (con la maiuscola) di Hemon ci tocca qui, a Gorizia,
ora, alla fine del 2023? Da un lato, perché parla di un secolo che è iniziato a
Sarajevo nell'Impero Austro-Ungarico e si è concluso a Gerusalemme,
israeliano-palestinese. Parla di come l'amore sia più forte della morte, ma
anche di come la guerra sia più forte della pace. Quindi non possiamo parlare
di pace senza parlare sia di Srebrenica che di Gaza. D'altra parte, perché
nell'EPK 2025 cercheremo proprio nelle vite particolari passate storie
universali: l'unicità e contemporanea universalità della sete di vita e della
creazione del pittore Zoran Mušič, l'unicità e contemporanea universalità della
liberazione dalla follia sotto la disciplina sociale del medico-psichiatra
Franco Basaglia, l'unicità e contemporanea universalità della possibilità di
costruire una nuova città dell'architetto Edvard Ravnikar... Queste sono le
nostre storie, questa è la nostra storia. La nostra storia è anche quella di
Pasolini, che, fedele al Vangelo di Matteo, pose parole a suo Cristo: "...
non sono venuto a portare pace, ma spada" (Mt 10,34). E anche di Toni
Negri, recentemente scomparso, che nel suo abecedario biopolitico "Du
retour" (tradotto dal francese in sloveno come "Ritorno"), sotto
la lettera J, pensò prima a "Jamais plus la guerre!" - Mai più
guerra! E spiegò: perché gli aveva portato via il padre, a cui i fascisti
avevano fatto bere olio di ricino; perché gli aveva portato via il fratello,
caduto sul fronte nel 1943; perché la famiglia si era rifugiata in campagna
solo dopo dodici bombardamenti su Padova, dove gli alleati bombardavano ogni
giorno il ponte che i tedeschi ricostruivano ogni notte. Eppure... eppure Negri
nei momenti più difficili della guerra trova, come dice lui stesso, un
"padre adottivo" in un partigiano di Trento, di dieci anni più
anziano, uno studente di medicina che diventa marito di sua sorella. E quali
parole usa Negri nell'originale "Ritorno" per il suo nipote - padre?
"C'est quelqu'un du bien." Era una brava persona. Forse potremmo dire
anche "... buono come il pane, buenu kome il pan"? Due storie, molte
vite, lo stesso secolo. Legami familiari e società che li strappano con la
forza del potere. Ma "mai più guerra" significa davvero solo pace - o
forse la forza della storia e il peso della memoria possono essere affrontati
in modo diverso da nostalgia o tradizione? Qui voglio essere uno "studente
cattivo maestro" e riassumere ciò che ho imparato da lui, sia attraverso
la traduzione che attraverso le conversazioni con lui a Parigi, Lubiana e
Venezia. Ecco cosa dice Negri, ancora sotto la lettera "J": "Di
fronte al peso della memoria dobbiamo essere irragionevoli (deraisonnable)! La
ragione è l'eterno cartesianesimo. Contro Cartesio, bisogna scegliere Galileo:
il più bello è pensare "contro", pensare "nuovo". Spesso il
ricordo impedisce la resistenza, il rifiuto, l'invenzione." E qui Hemon e
Negri si incontrano di nuovo. Hemon nella conclusione a Gerusalemme, che è in
realtà l'inizio mitico della genesi del suo romanzo, scrive: "Un sintomo
caratteristico della melanconia è preferire immaginare la storia piuttosto che
il futuro, poiché il futuro ci sembra inaccessibile e incerto, mentre il
passato è tutto ciò che esiste, riproducibile all'infinito." Mi permetto,
con un po' di presunzione, di scegliere proprio questa frase come motto della
nostra comune capitale europea della cultura goriziana, incentrato sul futuro, sull'invenzione
e sulla resistenza, come recitava Rahela Pinto su uno degli adesivi quando
cantava a Hemon: Remember the Future! Sapete cosa significa "ricordare il
futuro"? Non entrarci pacificamente, ma con la spada nel senso della
discriminazione (come il Vangelo di Luca definisce più precisamente la pace di
Matteo: "Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, vi
dico, ma divisione." (Lc 12,51). Quando guarderemo i disegni di Mušič dei
corpi di Dachau, penseremo ai corpi di Gaza. E quando guarderemo le macchie
rosse su lenzuola bianche, penseremo a Lucio Fontana: quando l'immagine è
troppo cruda, nessun colore basta - ma bisogna tagliare nella tela. E poiché
Andrea ha posto in testa "filosofia della pace", concludo con il
filosofo che più mi ha insegnato sulla filosofia e sulla vita - Gilles Deleuze.
Usa proprio l'immagine del taglio nella tela di Fontana come metafora chiave
della necessità creativa dell'artista (sto parafrasando da un libro scritto
insieme a Felix Guattari, "Che cos'è la filosofia?"): Le persone si
costruiscono ombrelli per ripararsi dal peso del mondo, e poi, al sicuro, vi
scrivono opinioni e dipingono cliché. Il vero artista, tuttavia, non traccia
linee guida: no, lui taglia in quella tela sicura e protetta per far passare il
soffio del caos, offrendoci la visione splendente di qualcosa di nuovo, fino ad
allora incomprensibile. Pertanto, l'artista non combatte tanto il caos, quanto
i cliché. E per questo l'arte non è il caos, ma la composizione del caos, che
ci offre una visione. Quando vedrete tagli nelle nostre immagini, nei nostri
balli, nei nostri film, nelle nostre rappresentazioni teatrali, nei nostri
romanzi e nelle nostre poesie, sappiate che sono tagli del genere - non con la
spada della guerra, ma con la lama artistica della discriminazione. Per sapere
e vedere chi è in questo nostro mondo caotico... buenu kome il pan. E sì, Hemon
ha promesso di tornare nel 2025! Grazie e pace a voi</span></p>
</div><span style="mso-bidi-font-family: Calibri; mso-bidi-theme-font: minor-latin;"></span><p></p>Unknownnoreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-8122414822768006369.post-61221076601637263482024-01-18T21:16:00.004+01:002024-01-18T21:16:52.455+01:00Cari Goriziani, studiamo lo sloveno! Dragi Goričani, učimo se italijansko! <p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhGuTQMuNUoo5Zd0KtOiM3_mtNdC1ZE63X2lAE_0ZULRz4PN7_NO7wdRMDufkplYJb6S980vh_dhHCXCUGnRpbR1CEwWDxzz1uEHzZEDUV4LV9KJ_WJs-kTlwKKS3K4KQA8yrSgu-oUsxj0C8lacDCzQNCFmVo7PVcuChC60tzo0sflQv4Fk0RjAWbFnmI/s4160/IMG_20240118_204135733.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4160" data-original-width="3120" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhGuTQMuNUoo5Zd0KtOiM3_mtNdC1ZE63X2lAE_0ZULRz4PN7_NO7wdRMDufkplYJb6S980vh_dhHCXCUGnRpbR1CEwWDxzz1uEHzZEDUV4LV9KJ_WJs-kTlwKKS3K4KQA8yrSgu-oUsxj0C8lacDCzQNCFmVo7PVcuChC60tzo0sflQv4Fk0RjAWbFnmI/s320/IMG_20240118_204135733.jpg" width="240" /></a></div>E' indispensabile che i Goriziani, in Slovenija e in Italia, conoscano almeno tre lingue: la propria, quella del vicino e l'inglese per comunicare con chi non vive o non proviene dal territorio. <br /><p></p><p>Si vive gli uni accanto agli altri. Eppure si può passare un'intera esistenza senza neppure accorgersi che la persona che ti passa accanto parla una lingua diversa dalla tua. Addirittura si può vivere in due città, distanti qualche centinaio di metri l'una dall'altra e non sapere assolutamente nulla di ciò che accade oltre la linea di demarcazione. Proprio come accadeva a Leopardi quando immaginava cosa ci fosse al di là del colle dell'infinito.</p><p>Quanto si conosce della letteratura, dell'arte, della cultura? L'ignoranza è imbarazzante e a volte abissale. Una Capitale europea della Cultura nella quale in generale ci si conosce ancora molto poco è fortemente condizionata da questa incapacità o difficoltà di reciproca comprensione.</p><p>Come non chiedersi "ma dove si era in tutti gli anni precedenti? perché nessuna scuola italiana ci ha insegnato lo sloveno?" Inoltre bisogna constatare che gran parte degli sloveni, a Nova Gorica, conoscono più o meno bene l'italiano, mentre a Gorizia quasi nessun italiano, nel migliore dei casi, va oltre al dober dan. </p><p>Certo, sarebbe stato indispensabile, anche in questi ultimi tre anni verso il 2025, attrezzare le scuole da una parte e dall'altra del confine con corsi mirati per gli studenti, italiano in Slovenija e sloveno in Italia. Ci sono molti corsi per adulti, ma spesso sono limitati a poche ore, mentre l'apprendimento serio di una lingua richiede molto impegno di studio, approfondimento e soprattutto conversazione. Ma se gli sloveni sono sempre costretti a parlare in italiano per farsi capire, da una parte subiscono un'evidente mancanza di rispetto, dall'altra tale atteggiamento diminuisce ulteriormente la possibilità di conversare.</p><p>Quindi, al si là delle tante belle cose che avverranno nel 2024 e nel 2025, occorre uno sforzo personale. E' indispensabile cercare di imparare lo sloveno, questo è un obiettivo che ogni cittadina e cittadino di Gorizia si deve prefiggere, per contribuire alla riuscita del grande evento. Certo, da adulti non è facile imparare una nuova lingua e anche chi cerca corsi lunghi e impegnativi non riesce certo a parlarlo bene. Ma è importante studiare, studiare più che si può, facendosi aiutare da persone competenti, per arrivare almeno a capire la lingua del vicino e a farsi capire. Poi ci sarà sempre un buon esercizio di pazienza e di comprensione da parte dei reciproci interlocutori. </p><p>Un grazie enorme a chi si presta per favorire questa causa. Da parte mia in particolare vorrei ringraziare Sara Terpin, per i bei corsi online dei due ultimi anni scorsi e Rada Lečič, straordinaria conduttrice dell'avvincente "lettorato" di sloveno presso l'Area di Scienze Sociali e Umanistiche dell'Università di Trieste, dove sono accolti anche (purtroppo pochi) studenti italiani, alcuni dei quali ben oltre gli "anta". Il loro servizio, come quello di Aleksandra Devetak e di altri insegnanti sloveni, è il contributo più prezioso alla causa di una Capitale europea della Cultura non incentrata sulla visita di particolari monumenti, ma sulla contemplazione del miracolo dell'autentica unità nella valorizzazione sincera di ogni diversità.</p><p>Cari Goriziani, studiamo lo sloveno, dragi Goričani, učimo se italijansko!</p>Unknownnoreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-8122414822768006369.post-44922574934958282442024-01-16T14:04:00.004+01:002024-01-16T14:04:35.023+01:00Tempi duri per i troppo buoni<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmZ7F4berXxdHiKeFfyJ4CsVdr2VmzxHw3rCL_VdLcWhKLeTUt7eu8mM4Obfc2s2D2PI0L2kyB0pBmy6E5SOgaJ8uUqWBTRqGYmP_XOCtW_SaTFcluKNNge6l9dkMhd9qC_1Ob7_8K12UWoN8QCifCJq2JVfuLw524RwK_k0rPTQMKERUycmpC18Ws7S0/s4160/IMG_20231220_133419344.jpg" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="4160" data-original-width="3120" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmZ7F4berXxdHiKeFfyJ4CsVdr2VmzxHw3rCL_VdLcWhKLeTUt7eu8mM4Obfc2s2D2PI0L2kyB0pBmy6E5SOgaJ8uUqWBTRqGYmP_XOCtW_SaTFcluKNNge6l9dkMhd9qC_1Ob7_8K12UWoN8QCifCJq2JVfuLw524RwK_k0rPTQMKERUycmpC18Ws7S0/s320/IMG_20231220_133419344.jpg" width="240" /></a></div><div>Uno crede di far bene, di essere utile agli altri, di promuovere il bene e poi si trova colpito, abbattuto, sradicato.</div><div><br /></div><div>E' ciò che è accaduto agli involontari protagonisti di alcune storie rimbalzate per giorni e giorni sulle pagine dei giornali e sui rotocalchi televisivi in questi ultimi tempi.</div><div><br /></div><div>Ci sono la guerra in Ucraina, quella in Medio Oriente e decine d'altre in giro per il mondo, c'è la crisi economica e aumenta in modo esponenziale il divario tra i pochissimi scandalosamente straricchi e gran parte dell'umanità sempre più clamorosamente povera.</div><div><br /></div><div>Meglio pensare alla colletta raccolta a favore del giovane che ha perso la gamba nell'attacco di uno squalo o alla triste vicenda della titolare di una pizzeria che ha deciso di togliersi la vita, forse - per il momento proprio forse - anche a causa del presunto smascheramento di una suo dubbio utilizzo di tripadvisor.</div><p></p><p>Non si tratta di gettare la croce addosso a chi fa il proprio mestiere, i giornalisti e in questo caso i cosiddetti influencer. La loro caccia a eventuali equivoci e ambiguità, nell'ambito delle azioni di beneficienza o supposta tale evidenzia questioni che travalicano i fatti di cronaca. In alcuni casi, come in quello dell'ormai celebre pandoro Ferragni, la loro denuncia smaschera giochi d'affari che confinano con la truffa. La caduta della stella suscita sentimenti di malcelata soddisfazione o di difesa d'ufficio, la dea è ritornata tra i mortali, agli estimatori un po' dispiace, gli invidiosi gioiscono, i più abboccano all'amo della distrazione di massa e cercano di esprimere un proprio, solitamente del tutto incompetente parere. Anche i pochi ai quali "non gliene frega un tubo", sbirciano sui social storcendo il naso con fare un po' snob.<br /></p><p>C'è un punto che vale la pena di sottolineare, perché travalica i fatti di cronaca. I social trascinano costantemente personaggi famosi o sconosciuti dalla polvere agli altari, salvo rigettarli senza pietà nella polvere. I molti che non sono Napoleone tentano la via della relativamente facile notorietà inventandosi di tutto, ma successivamente non riescono a reggere le tremende pressioni dell'invasione mediatica. E' vero che "chi è causa del suo mal pianga se stesso", ma è altrettanto evidente che la stragrande maggioranza degli utenti non è in alcun modo preparata ai viaggi nel mondo virtuale. Se ovunque uno non ha in mano un telefonino che lo isola totalmente dall'ambiente circostante o se addirittura osa tirare fuori un libro e comincia a leggere, viene guardato con un interesse pari a quello che i primi Sapiens avevano nei confronti dei Neanderthal.</p><p>Ma non è questo il punto. Ciò che viene messo in discussione è il concetto di generosità. Chi fa qualcosa a favore degli altri, soprattutto se sente l'esigenza di comunicarlo ai quattro venti, viene considerato molto in gamba. Quando si vuole evidenziare il valore di una persona, spesso si dice che "fa volontariato" oppure che "pensa prima agli altri che a se stesso". Ma è tutto oro quello che luccica? Oppure chi utilizza il pensiero politicamente corretto, compie gesti ammirati e apprezzati dai più, dedica il suo tempo ad azioni sociali e si schiera dalla parte dei più deboli, è sempre disinteressato oppure si attende un ritorno sul piano economico, politico o semplicemente del prestigio personale? </p><p>E' un tema da affrontare. Non è che il volontariato "ufficiale", altro non sia che un mezzo utilizzato dalle amministrazioni per evitare di assumere persone competenti e creare efficaci posti di lavoro? Non è che dietro ai buoni principi si nascondano altri inconfessati obiettivi, quali per esempio sfruttare il disagio altrui per attirare l'attenzione su di sé? Non è che le collette, le raccolte spontanee e quelle organizzate, siano un mezzo per sostituire le responsabilità di uno Stato, al quale con le tasse i cittadini offrono mezzi che dovrebbero essere sufficienti a curare un giovane con la gamba amputata da un pescecane, a sopperire ai danni provocati da un terremoto o a permettere anche ai più poveri una sopravvivenza dignitosa? </p><p>Attenzione, la questione è delicata. Non si vuole mettere in discussione la gratuità del servizio che il vicino di casa può offrire, facendo silenziosamente la spesa per l'anziana inquilina del piano di sopra. Ci si domanda piuttosto se le continue richieste private di contributi per le più svariate motivazioni, contribuiscano effettivamente a migliorare un situazione generale che il "pubblico", in tutte le sue dimensioni, dovrebbe prendere in considerazione. In altre parole, c'è bisogno di molto più Stato, senza per questo mortificare del tutto l'iniziativa della società civile, nella misura in cui questa non sia autoreferenziale, ma veramente per il bene comune. La proprietà privata ha un senso, solo nel caso in cui sia condivisa e utilizzata per il bene di tutti.</p>Unknownnoreply@blogger.com1