sabato 29 marzo 2025

Il festival dei Cammini

 

Un tratto della Francigena: San Gimignano
Si svolgerà ad Aquileia, nel prossimo fine settimana, 4, 5 e 6 aprile, il festival dei Cammini, promosso e organizzato da Fondazione Aquileia.

Sarà un'occasione per fare il punto su un fenomeno che negli ultimi venti anni ha assunto proporzioni straordinarie, diventando un'occasione di turismo che non si può neppure più definire alternativo.

Trascinato dal sempreverde Cammino di Santiago, il settore ha visto moltiplicarsi come funghi nuovi percorsi internazionali e locali. Oltre alle più classiche Francigene e alle vie sulle tracce di san Francesco e san Benedetto, sono nati i cammini europei di San Martino e di Cirillo e Metodio, insieme alla Romea Strata e a una miriade di lunghi e brevi itinerari.

Solo per rimanere ad Aquileia, si possono citare, in ordine di apparizione il Cammino Celeste, la Via Flavia, la via Postumia, la Jakobova pot, l'anello di San Martino introno alla Vipavska dolina, per non parlare del bellissimo Iter Goritiense, dalla stessa Aquileia a Sveta Gora.

Tra dibattiti, incontri, presentazioni di libri ed esperienze di viandanza, sono da sottolineare in particolare due eventi. Venerdì 4 aprile, alle ore 20.30 nella stupenda cornice della Basilica di Aquileia, si terrà una conversazione che vedrà protagonisti pater Robert Bahčič e lo scrittore pellegrino Davide Gandini, sul tema "I luoghi sacri che uniscono: i cammini di pellegrinaggio". Il sabato mattina invece, con incontro alle 8.30 nella piazza della Basilica, ci sarà il "Cammino dei cammini", da Aquileia a San Canzian d'Isonzo. Nel corso della camminata verranno presentati tutti i percorsi a piedi che intersecano la città di Aquileia.

Ci sarebbe molto da dire, dal punto di vista spirituale, ma anche turistico ed economico, intorno a questo nuovo elemento sociale. Per un approfondimento rinvio al mio testo che tra l'altro offre il nome anche a questo blog: Lo spirito dei piedi, Ediciclo 2017. 

Ne traggo un doppio spunto. Anzitutto chi percorre queste vie non è un superman, un santo o un eroe, bensì un privilegiato che ha la non certo universale possibilità di vivere questa forma di vacanza che presuppone buona salute, gambe in forma e anche una certa disponibilità finanziaria. In secondo luogo, se per i marciatori appartenenti al Nord del mondo il cammino è una necessità spirituale o psicologica, per i veri pellegrini della nostra epoca è un obbligo esistenziale: mi riferisco a coloro che affrontano il deserto del Sahara, il mare Mediterraneo o la rotta balcanica per poter sopravvivere loro e rendere possibile la sopravvivenza alle loro famiglie. Sono questi i veri eroi del cammino, che di solito non trovano ad accoglierli delicati e premurosi hospitaleri, bensì Centri pieni di squallide sbarre, dove attendere un triste rimpatrio.

domenica 23 marzo 2025

Vietato non toccare! Il museo tattile del Goriški muzej a Kromberk

 

Il "settore" aquileiese del museo (foto M.Vecchi)
Da venerdì sera il territorio Goriziano si pone all'avanguardia nel settore dell'accessibilità museale. E' stato infatti inaugurato il primo museo tattile della Slovenia, con una cerimonia piena di suggestione e di bellezza. 

L'iniziativa nasce dalla collaborazione tra il Goriški muzei di Nova Gorica e l'associazione dei ciechi e ipovedenti della Primorska. Ha visto come protagonisti tutte le persone coinvolte nelle due realtà, con un particolare impegno di coordinamento da parte del curatore per conto di Goriški muzej David Kožuh e del presidente dell'associazione novogoričana Igor Miljavec.

Alla presenza del vicepresidente del Consiglio della Repubblica di Slovenia Matej Arčon, della ministra per la Cultura Asta Vrečko, dell'ambasciatrice della Gran Bretagna, del responsabile dell'attuazione del programma Go2025 Stojan Pelko, del direttore del Goriški muzej Vladimir Peruničič e di molte altre autorità, i veri attori dell'inaugurazione sono stati proprio i destinatari, ovvero i non vedenti e ipovedenti. Guidati dall'ottima regia della responsabile delle relazioni pubbliche Kristina Furlan, hanno intrattenuto il pubblico con una serie di straordinarie proposte artistiche mozzafiato. Alla danza si sono aggiunti il suono del flauto, il canto e le parole, portati all'attenzione di tutti con competenza e professionalità.

E' seguito poi il classico taglio del nastro e la visita al Museo, allestito nel piano superiore del grande Center Mercator di Kromberk. Ci sono due sezioni, una più interessante dell'altra. Nella prima sono presentate opere presenti in strutture culturali importanti, in Slovenia, in Italia e altrove. Nella seconda vengono presentate sculture, opera di artisti locali "senza confini", messe a disposizione del tatto dei visitatori. Lo slogan dell'esposizione è infatti opposto a quello ordinario, infatti "è vietato non toccare", per poter comprendere il senso delle bellissime espressioni d'arte presenti.

Tra le varie proposte, balza subito agli occhi il mosaico del "nodo di Salomone", dono del Gruppo Mosaicisti Ravenna e in particolare di Marco Santi e Anna Caterino, immediato richiamo alla storia aquileiese, finemente rappresentata anche dai pannelli tattili dei più importanti mosaici teodoriani, realizzati dall'Istituto dei ciechi Cavazza di Bologna e messi a disposizione dalla Società per la conservazione della Basilica di Aquileia. La presenza di Loretta Secchi, curatrice del museo tattile Anteros di Bologna e di Anna Viganò, referente dell'avvincente progetto Basilica per tutti, finalizzato al miglioramento dell'accessibilità nella Basilica di Aquileia, ha dimostrato quanto sia costruttivo intessere relazioni sociali e culturali tra tutti coloro che vogliono un mondo più bello, più giusto, più fraterno e nella pace.

Un Museo da incorniciare e da visitare, toccando rigorosamente ogni oggetto esposto e prendendo atto del fatto che l'arte, essendo patrimonio universale dell'umanità, deve essere raggiungibile e comprensibile da ciascuno, in qualunque situazione si trovi. Impedirlo o non favorirlo è una palese violazione dei diritti della persona! Najlepša hvala Goriškemu muzeju in Medobčinskemu društvu slepih in slabovidnih Nova Gorica.

Dai giovani in Serbia, una lotta piena di speranza

Le istituzioni dell’Unione Europea si dividono, c’è chi sostiene la necessità del riarmo, chi della difesa, senza peraltro spiegare la differenza pratica tra un concetto e l’altro. La guerra in Ucraina ha subito una brusca sterzata con l’interventismo del presidente americano. A Gaza tornano le bombe e sono ostacolati i convogli umanitari, mentre anche in Cisgiordania la voce della violenza prevale. La guerra dei dazi scatenata da Trump semina il panico nel Vecchio Continente e altrove.

I partiti si dividono, anche al loro interno, chi ritiene giusta la difesa europea viene tacciato di guerrafondismo al servizio delle lobby armate, chi la pensa in modo opposto di irresponsabile pacifismo filoputiniano. I movimenti per la pace cercano faticosamente di ritornare in azione. Le loro istanze sono bene argomentate, ma la partecipazione richiama tanti reduci da lotte nonviolente, datate come minimo dai tempi del Vietnam.

Ma c’è qualcosa che induce alla speranza in tempi così delicati?

Sì, ci sono i giovani che in Serbia stanno manifestando da mesi contro il regime imposto dal presidente Vučič. Se ne parla molto poco, soprattutto in Italia e già questo fatto è misura di un’incisività che suscita timori di emulazione. Sono studenti universitari e delle scuole superiori che sono scesi in strada all’indomani di una delle più assurde tragedie che hanno colpito la nazione, il crollo dell’appena costruita pensilina della stazione di Novi Sad. Il disastro, accaduto il primo novembre 2024, ha provocato la morte di 15 persone e il ferimento di decine. Le imbarazzate spiegazioni governative non hanno convinto i giovani che da quel giorno hanno rinunciato perfino al diritto allo studio, per poter gridare al mondo la loro indignazione. Hanno ritenuto l’evento un vero e proprio omicidio, compiuto dai politici che hanno accettato la logica della corruzione e dell’incompetenza. A loro si sono aggiunti gli operai e i contadini, la contestazione è dilagata. Ha portato alle dimissioni di due ministri e sta mettendo in grande difficoltà il presidente. Ci si attendono ulteriori sviluppi, a Belgrado, Novi Sad e altrove si vedono le manifestazioni più imponenti dal tempo dell’indipendenza della Serbia in qua.

E ci sono anche i manifestanti in Grecia che stanno svegliando una sonnolenta Atene. Anch’essi si riferiscono a una catastrofe, l’incidente ferroviario che nel 2023 ha portato alla morte ben 57 persone. Anch’essi non hanno voluto bere le versioni ufficiali e occupando i gangli vitali della capitale greca stanno mettendo in forte crisi il governo. Anche in questo caso i protagonisti sono i giovani, pieni di slancio e di entusiasmo.

E’ giusto ricordare questi moderni combattenti per la libertà. E’ vero, possono essere preda di appetiti partitici o diventare carne da macello al soldo di altri potenti che cercano di approfittarsene. Occorre tutelare la loro creatività, sostenendoli nel trasformare il malcontento in proposte e progetti autenticamente politici. Ma è necessario anche imparare dalla loro voglia di vivere e di essere protagonisti del cambiamento di una società consumista, classista, corrotta che essi vogliono nel profondo cambiare. (articolo pubblicato su Novi Matajur)

venerdì 21 marzo 2025

Da Aquileia l'augurio di una buona Primavera!

 

La primavera è iniziata giovedì alle 10, ma la basilica di Aquileia celebrerà l'alba dell'equinozio domani, sabato 22 marzo, alle 6 del mattino.

E' un'occasione ormai tradizionale, la suggestione dell'avvio della nuova stagione si accompagna alla contemplazione della straordinaria bellezza della chiesa di Aquileia. Ogni anno viene proposto un tema, quest'anno sarà la meraviglia della Natura nei mosaici teodoriani. 

Il pavimento delle aule volute dal vescovo Teodoro, costruito all'indomani dell'editto di Costantino, racconta un'esperienza cristiana profondamente collegata al vissuto della comunità aquileiese del IV secolo. E' inoltre precedente il Concilio di Nicea, del quale quest'anno ricorre il 1700° anniversario. Ciò significa che il messaggio pasquale viene trasmesso in un'epoca nella quale non ci sono ancora le codificazioni dogmatiche caratteristiche della storia dei Concili ecumenici. Libertà e creatività.

La gioia del vivere, testimoniata in modo così singolare dalle tesserine del mosaico, sarà riproposta attraverso l'accoglienza della luce del nuovo giorno, accompagnata dal dolce suono dell'arpa di Ester Pavlic e dalle meditazioni di Angelo Floramo, Elena Commessatti, Mirt Komel e Martina Delpiccolo. Si vorrà sottolineare anche la dimensione universale dell'annuncio aquileiese, accanto al linguaggio della musica, dell'architettura e dell'arte musiva, si potrà gustare anche il miracolo della diversità delle lingue, dal momento che i vari interventi saranno offerti nella lingua di ciascuno dei relatori, in italiano, sloveno e friulano.

Le prenotazioni, andate oltre ogni previsione, sono purtroppo chiuse. Ciò non toglie un grande benvenuto a coloro che saranno presenti e a tutte e tutti un augurio che scaturisce dal cuore: in un momento così delicato, il ritorno della stagione della rinascita sia un richiamo alla speranza. Ogni persona è chiamata, in diverse forme e gradi di responsabilità, a costruire la pace nella giustizia, il trionfo della vita contro il mercato della morte, il regno dell'amore e del perdono più forti dell'odio e della vendetta. Buona primavera! 

domenica 16 marzo 2025

Mia madre...

 

E’ difficile scrivere della persona che ti ha dato la vita. E’ giusto custodire gelosamente i particolari più intimi e preziosi. Ma sento anche necessario raccontare alcuni tra gli infiniti aspetti della vita di mia madre, per renderla almeno un po’ presente nella sfera dei ricordi dei tanti che l’hanno conosciuta e le sono stati amici a Pisa, a Verona e soprattutto a Gorizia.

Anna Maria Boldrini è nata a Roma il 26 luglio 1926. Suo padre Vincenzo aveva origini dalla zona di Vigevano, dove i Boldrini sono tuttora ricordati dalla toponomastica locale come i fondatori del movimento socialista, nella seconda metà del XIX secolo. Sua madre Ada era figlia di Lorenzo Mazzetti, pastore evangelico delle chiese di Bergamo e poi di Napoli, tra i fondatori della Chiesa Libera.

Ha vissuto l’infanzia tra Roma e Pisa, dove il padre si era trasferito per motivi di lavoro. Durante la guerra è stata ospitata nella villa del Focardo, sopra Firenze, dai suoi zii Nina Mazzetti e Robert Einstein, cugino dello scienziato Albert. Ha vissuto un periodo felice, tragicamente concluso il 3 agosto 1944 con l’assassinio di Nina e delle due figlie Luce e Annamaria Einstein (16 e 26 anni!) da parte dei nazisti in fuga verso il Nord Italia. Tale tragedia, della quale era rimasta l’ultima testimone oculare dopo la scomparsa delle cugine Paola e Lorenza Mazzetti, ha segnato molto l’intero percorso della sua vita, tenuto conto anche del suicidio di Robert Einstein, quasi un anno dopo il massacro della sua famiglia.

Dopo la guerra, si è laureata in lettere a Pisa con una tesi sul monoteismo nella Grecia antica, il suo relatore è stato il prof. Aldo Capitini, uno dei più importanti esponenti del pacifismo italiano, iniziatore della marcia Perugia – Assisi. E’ stata esponente della FUCI (Federazione Universitaria Studenti Cattolici), sedendo in Consiglio Nazionale accanto a personaggi noti della storia italiana come Aldo Moro, Vittorio Bachelet e divenendo per un breve periodo collaboratrice di Giorgio La Pira. Poi l’amore ha preso il sopravvento e a Pisa ha incontrato mio padre, Enrico Bellavite, da poco dottore in agraria presso la locale università. Dopo il matrimonio si sono trasferiti a Verona, città natale di Enrico, dove sono nati i figli Maria Irene, Paolo, Pierluigi e Andrea. Nel 1966 ha iniziato la carriera scolastica, insegnando alle scuole medie di San Michele Extra.

Dal 1968 al 1988 la famiglia si è trasferita a Gorizia, dove Anna si è fatta conoscere e apprezzare per il suo carattere allegro e socievole, come pure per la competenza e l’entusiasmo riversati nell’ambito scolastico. Ha insegnato a Fogliano, a Gradisca, in tutte le medie di Gorizia, prima di approdare per alcuni anni a Lucinico. Ed è poi stata preside di numerosi istituti dell’isontino. Ha sempre ritenuto il periodo “goriziano” quello più produttivo e significativo della sua vita, quello nel quale ha intessuto tante amicizie profonde e durature. Ha saputo raccontare il territorio con grande simpatia ed empatia, per chi l’ha conosciuta restano indimenticabili le sue guide nella Basilica di Aquileia, i percorsi lungo la valle dell’Isonzo, l’accompagnamento nei luoghi più belli dell’arte e della natura nella Slovenia e nel Friuli Venezia Giulia. Ha fatto parte del Centro Volontari Cooperazione allo Sviluppo, con il quale ha avuto l’occasione di visitare diverse realtà del Sud del Mondo, che hanno impresso in lei ricordi indelebili. La casa di Via Angiolina 24, grazie a lei, è stata un vero e proprio porto di mare, dove gli amici dei figli potevano trovare sempre un’accoglienza vivace, dialettica e sincera. Sì, perché Anna è stata personalità molto forte e intelligente, ma anche talmente sincera nell’esprimere i propri punti di vista da suscitare appassionate simpatie ma anche convinte e profonde antipatie.

Nel 1988, con il marito è ritornata a Verona, riallacciando alcune delle relazioni giovanili con i parenti e gli amici di un tempo. E’ stata preside alla scuola Gandhi e poi alla Betteloni, fino al definitivo pensionamento. Da quel momento la città scaligera è diventata il nuovo teatro sul quale accompagnare visitatori provenienti da ogni dove, sapendo coinvolgere i suoi ascoltatori nella contemplazione dei luoghi più noti e nella scoperta degli angoli più remoti. Ha iniziato anche a scrivere le sue memorie, rivelando aspetti gioiosi e tristi, entusiasmanti e drammatici sperimentati nella sua lunga vita. La malattia e poi morte del marito, avvenuta nel 2016, hanno portato un brusco cambiamento. Dopo quasi 67 anni di matrimonio, la solitudine si è fatta sentire, portandola alla decisione di trascorrere gli anni successivi nella casa di soggiorno Sant’Anna. Anche in questo caso è riuscita a farsi notare, organizzando piccole gite o rudimentali conferenze per gli ospiti di quella che è stata veramente per lei una nuova famiglia. Il covid ha interrotto queste piacevoli abitudini, la chiusura generale e gli anni hanno influito anche sulle sue potenzialità fisiche, ma non le hanno impedito di continuare a leggere, a ragionare e a cercare di conoscere e capire le dinamiche del mondo attuale. Negli ultimi mesi si è sempre più indebolita, fino a spegnersi serenamente la sera del 14 marzo 2025.

giovedì 13 marzo 2025

Mussolini non è mio concittadino, piazza Municipio a Gorizia, sabato alle 10

 

Anche sant'Ignazio protesta...
Sabato 15 marzo, alle 10 davanti al Municipio, la cittadinanza di Gorizia è invitata a partecipare al secondo momento di protesta contro la mancata revoca della cittadinanza onoraria a Benito Mussolini, l'accoglienza ufficiale e solenne dei reduci della Xmas in Comune. 

Sarà un momento particolarmente efficace, dal momento che sarà svolto proprio mentre il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e l'ex presidente della Slovenia Borut Pahor riceveranno il premio annuale dedicato ai patroni Ilario e Taziano.

Si potrà intervenire liberamente, anche per dilatare il punto di vista alle problematiche che attanagliano l'umanità attuale, collegando le potenzialità di pace di una capitale europea non fondata sull'ipocrisia ma sulla Cultura alla situazione di conflitto permanente che interessa il mondo. L'antifascismo, l'antinazionalismo e l'antirazzismo sono precomprensioni per la realizzazione dell'ideale di una/due città fondata/e sulla pace, sull'accoglienza e sulla giustizia. (ab)

Ecco il comunicato stampa degli organizzatori, in lingua italiana e slovena:


GORIZIA: capitale europea dell’ipocrisia
Mussolini non è mio concittadino!
La protesta continua...

Esattamente una settimana prima dell’inaugurazione della Capitale Europea della Cultura, il 1°
febbraio scorso, si è svolta, davanti al Municipio di Gorizia, la prima protesta organizzata da
operatori culturali, artisti e cittadini comuni della città transfrontaliera di Gorizia – Nova Gorica,
supportata anche da molte associazioni culturali, oltre che da cittadini giunti da fuori città.
A seguito: della grande partecipazione; delle molte adesioni, anche successive alla manifestazione;
della risonanza che l’iniziativa ha avuto sui diversi media, non solo locali; delle mancate risposte sia
da parte dell’amministrazione comunale che da parte del Presidente Mattarella, al quale la mattina
dell’8 febbraio sono state consegnate le 890 firme raccolte in meno di una settimana; i cittadini della
città transfrontaliera di Gorizia – Nova Gorica hanno deciso di prolungare la loro protesta per tutto
il 2025, anno della Capitale Europea della Cultura, o almeno fino a quando non otterranno delle
garanzie rispetto alle loro richieste.
A partire dal 15 marzo saremo quindi di nuovo a far sentire la nostra voce, davanti al Municipio di
Gorizia, il secondo o il terzo sabato di tutti i mesi del 2025, dalle 10 alle 12. Queste le ulteriori
date, già programmate: sabato 12 aprile e sabato 17 maggio.
Leggeremo nuovamente, all’inizio di ogni incontro, il nostro comunicato bilingue, per poi
consentire a chi vorrà di parlare ed esporre le proprie idee ed eventuali proposte.
Continueremo inoltre a raccogliere le firme di quei goriziani che vogliono dichiarare, seppure
simbolicamente, “di voler rinunciare alla cittadinanza goriziana”, oppure, se non residenti, di
sostenere tale iniziativa. Ricordiamo che tra questi hanno già sottoscritto Senatori, Deputati,
Consiglieri Regionali e Sindaci di questa regione.
E alla fine di ogni mese invieremo le nuove sottoscrizioni al Presidente Mattarella.
Questa iniziativa deriva anche dalla convinzione che la Cultura, intesa nel suo senso più ampio, sia
lo strumento più potente per debellare tutte le forme di violenza, fisica e verbale, di xenofobia e di
razzismo: dove c’è Cultura non c'è fascismo.
Ricordiamo infine le nostre richieste al Comune di Gorizia, richieste alle quali si è associato anche il
responsabile del programma della Capitale europea della Cultura 2025, Stojan Pelko, in qualità di
rappresentante morale dei cittadini della città transfrontaliera, quantomeno sotto la bandiera della
Cultura:
- revocare a Benito Mussolini la cittadinanza onoraria di Gorizia;
- celebrare la festa della Liberazione dal nazi-fascismo il 25 aprile di ogni anno;
- non ricevere più i rappresentanti della Decima Mas in maniera istituzionale (che ricordino pure i
loro caduti, ma in forma privata).


GORIZIA: Evropska prestolnica hinavščine
Mussolini ni moj someščan!
Protesti se nadaljujejo...

Točno teden dni pred odprtjem Evropske prestolnice kulture, 1. februarja, je pred mestno hišo v
Gorici potekal prvi protest, ki so ga organizirali kulturni delavci, umetniki in navadni državljani
čezmejnega mesta Gorica - Nova Gorica, podprli pa so ga tudi številna kulturna društva in
prebivalci zunaj mesta.
Po veliki udeležbi, veliki podpori številnih podpisih, tudi po demonstracijah, na kasnejših
prizoriščih in odmevu, ki ga je pobuda imela v različnih medijih, ne le lokalnih, pomanjkanju
odziva občinske uprave in predsednika Mattarelle, ki so mu vročili 890 podpisov, zbranih v manj
kot tednu dni, 8. februarja zjutraj, so se prebivalci čezmejnega mesta Gorica-Nova Gorica odločili,
da bodo svoj protest podaljšali do leta 2025, leta Evropske prestolnice kulture, ali vsaj dokler ne
dobijo zagotovil glede svojih zahtev.
Od 15. marca dalje se bomo torej vrnili, da bi izrazili svoj glas pred mestno hišo v Gorici, in sicer
vsako drugo ali tretjo soboto v mesecu 2025, od 10.00 do 12.00. Ta sta naslednja že predvidena
datuma: sobota 12. aprila in sobota 17. maja.
Na začetku vsakega zasedanja bomo ponovno prebrali naše dvojezično sporočilo, nato pa bomo
omogočili vsem, ki želijo spregovoriti, da predstavijo svoje zamisli in predloge.
Nadaljevali bomo tudi z zbiranjem podpisov tistih Goričanov, ki hočejo, čeprav simbolično, izjaviti,
„da se želimo odpovedati goriškemu državljanstvu“, ali, če so nerezidenti, podpreti to pobudo.
Opozarjamo, da so jo že podpisali senatorji, poslanci, deželni svetniki in župani te regije.
Ob koncu vsakega meseca bomo predsedniku Mattarelli poslali novozbrane podpise.
Ta pobuda izhaja tudi iz prepričanja, da je kultura, razumljena v najširšem smislu, najmočnejše
orodje za izkoreninjenje vseh oblik nasilja, fizičnega in verbalnega, ksenofobije in rasizma: kjer je
kultura, ni fašizma.
Na koncu bi radi spomnili na naše zahteve Občini Gorica, ki se jim je pridružil tudi odgovorni za
program Evropske prestolnice kulture 2025, Stojan Pelko, kot moralni zastopnik državljanov
čezmejnega mesta, vsaj pod zastavo kulture:
- odvzem častnega državljanstva Gorice Benitu Mussoliniju;
- naj se vsako leto 25. aprila praznuje praznik osvoboditve izpod nacifašizma;
- ne sprejemajo več predstavnikov Decima Mas na institucionalen način (naj se spominjajo svojih
padlih, vendar zasebno).

martedì 11 marzo 2025

La ragione dell'altro: un convegno internazionale sulla pace a Nova Gorica e Gorizia?

Nelle sue "Lettere dalla guerra", Tiziano Terzani scriveva che per fermare un conflitto fosse necessario conoscere le "ragioni" dei contendenti.

Sì, perché ogni guerra porta con sé delle motivazioni. Naturalmente ogni belligerante ritiene che le proprie siano le uniche e che quelle dell'altro debbano essere necessariamente talmente sbagliate da rendere necessario un intervento armato.

In altre parole, una delle cause dello scoppiare di una guerra è ritenere che da una parte ci sia la "Ragione" (con la R maiuscola) e dall'altra il "Torto" (con la T maiuscola). Soltanto approfondendo - senza condividere - i due (o più) punti di vista, si svela l'assurdità di voler risolvere le questioni con l'uso delle armi e si comprende come le vere questioni che stanno alla base di uno scontro non solo quelle dichiarate per creare consenso, bensì i traffici occulti che devono essere smascherati.

Ciò vale anche per il dibattito in corso in Italia e in Europa sul possibile riarmo (o difesa, che dir si voglia, anche se effettivamente non si è capito del tutto da chi o da che cosa). La semplificazione sta nel dividere i buoni dai cattivi: da una parte ci sarebbero i guerrafondai che non vedono l'ora di scatenare l'inferno, dall'altra i pacifisti che ingenuamente credono di fermare i carrarmati e i bombardieri mettendo dei fiori nei loro cannoni.

La questione non è così semplice. E' vero che tanta gente, imbevuta di pseudoverità ampiamente diffuse dai media di potere, sta pericolosamente progredendo nell'accettazione della guerra come unica possibilità di risolvere le varie controversie attualmente in atto. Ed è vero anche che un pacifismo "senza se e senza ma" è contraddetto dall'analisi di alcune situazioni limite che in passato - e forse nel presente - hanno giustificato il doloroso uso della violenza, senza la quale difficilmente sarebbero stati estirpati il fascismo e il nazismo.

E quindi? Quindi, in un momento così difficile è con urgenza necessario dare spazio al dialogo e alla riflessione. Occorre uscire dalla logica radicalmente bipolare che crea lo schema europeista = guerrafondaio contro pacifista = putiniano. Proprio facendo lo sforzo di uscire per un istante dalle proprie "ragioni" per capire quelle dell'altro, si può forse iniziare ad attuare nella per ora comoda realtà di non belligeranza lo stesso metodo che si vorrebbe in quella dove la terra brucia. Tale sforzo non significa rinunciare al proprio punto di vista, al contrario rafforzarlo attraverso l'ascolto e la discussione con quello apparentemente opposto.

La manifestazione pro Europa del 15 marzo rischia per questo di essere un divisivo inno alla "sia pur triste" (così si dice) necessità del riarmo, così come le incertezze all'interno del pd sembrano più un'incapacità di definire una posizione rispetto a un tema fondamentale per il futuro stesso del Pianeta che l'espressione di un autentico pluralismo di opinioni.

Che fare allora? Da una parte occorre ribadire, con sempre più approfondite argomentazioni, la propria visione, dall'altra è indispensabile creare luoghi di confronto democratico tra le diverse "ragioni". Perché non proporre, in ambito EPK, un dibattito del genere? Nova Gorica e Gorizia, giustamente decantate come un nuovo modo di condividere le diversità, non potrebbero essere la sede di un confronto serrato su questi temi. Si è su un importante palco internazionale: perché non approfittarne per chiamare filosofi, storici, politici di livello planetario che possano aiutare a realizzare un messaggio decisivo? In altre parole, perché non organizzare proprio nelle due Gorica un'assemblea, una sorta di convegno internazionale sulla pace in Europa e nel Mondo che, procedendo dalla conoscenza della ragione dell'altro, possa portare un decisivo contributo al superamento del pericoloso stallo attuale? Stallo di chi vuole in diversi modi la pace, mentre i veri guerrafondai, quelli sì, sono purtroppo in rapidissimo movimento...

martedì 4 marzo 2025

No al riarmo dell'Europa!

 

L'accelerazione degli eventi ha rivelato ancora una volta l'inconsistenza di una democrazia rappresentativa nella quale i partiti sono stati deprivati della loro componente ideologica.

Nel momento in cui ci si trova costretti a discutere e deliberare, non su problematiche tutto sommato marginali, ma su questioni fondamentali per il futuro dell'Italia, dell'Europa e del Mondo, gli schieramenti si dividono radicalmente. 

Come recentemente accaduto in occasione delle vicende legate al Covid, anche il tema della guerra in Ucraina e del genocidio del popolo palestinese a Gaza e in Cisgiordania, le posizioni si polarizzano intersecando la cosiddetta sinistra e la cosiddetta destra. Ciò accade mentre si avverte più che mai la necessità di un rifiuto convinto del riarmo dell'Europa e della riproposizione urgente e concreta della Cultura della relazione e del dialogo.

Nello schieramento governativo la divisione è assai netta. Il partito Fratelli d'Italia, con la presidente del Consiglio sull'orlo di una crisi di nervi, appoggia Zelensky, non vuole rompere le da lei presunte buone relazioni con Trump e Musk e nello stesso tempo, pur facendo l'occhiolino a Orban, pretende di contare qualcosa sul fragile barcollante tavolo dell'Unione europea. Forza Italia, con il ministro degli esteri, cerca di conciliare il tradizionale atlantismo berlusconiano con la necessità di non rompere con gli europei, rimanendo più possibile defilato per non dover prendere posizioni troppo precise. Queste ultime sono invece appannaggio della Lega, che con il vicepremier si schiera apertamente dalla parte di Trump contro Zelensky, non disdegnando neppure un trattamento di favore addirittura a Putin. In questo settore, da nessuno viene messo in discussione l'appoggio incondizionato a Netanyahu, decisamente negato invece dall'ala estrema della destra che sostiene senza se e senza ma le ragioni della Palestina libera.

Anche nel gruppo dell'opposizione governativa, le posizioni sono assai diversificate. Il Partito Democratico esprime le sue tradizionali diverse anime. Una parte difende a spada tratta le Ragioni dell'Ucraina, cercando di portarla alla vittoria anche con l'invio di soldati e accusando chiunque abbia dei dubbi di fascismo filoputinista; un'altra parte più prudentemente sostiene la triste necessità dell'invio delle armi, ma nega il coinvolgimento del personale militare; un'altra ancora, rappresentata soprattutto dalla segretaria Schlein, riesce a dire tutto e il contrario di tutto, dichiarandosi contro il proseguimento della guerra senza per questo negare la necessità dell'invio delle armi. Del tutto opposta è la visione del Movimento 5 Stelle, passata dalla sofferta vicinanza alla proposta dell'invio delle armi, legata alla partecipazione al governo Draghi a una decisa contrarietà, supportata dalla convinzione della priorità assoluta data dalla fine della guerra. Più chiara Alleanza Verdi e Sinistra, dall'inizio contro l'invio delle armi, così come la Sinistra non rappresentata in Parlamento, alleate - si fa per dire - con il povero Papa Francesco, la cui voce è indebolita dalla malattia, nel rivendicare come le uniche vie possibili di soluzione siano la trattativa, il negoziato e la diplomazia. Per quanto concerne la situazione in Medio Oriente, si ondeggia tra la condanna da parte del pd e del centro sinistra nei confronti degli uni e degli altri accompagnata dal principio dei due Stati e il sostegno pieno - da parte delle componenti della Sinistra ma anche di buona parte del Movimento 5 Stelle - dell'obiettivo previo di Free Palestine.

Ma se si dovesse votare, che cosa accadrebbe? Probabilmente si formerebbero alleanze inedite trasversali che porterebbero purtroppo l'Italia ad accodarsi pedissequamente agli interessi europei o a quelli statunitensi. Molto difficilmente tutte queste divisioni riuscirebbero a consentire una presenza autonoma e originale, in grado di contribuire efficacemente all'unica - sì, unica! - alternativa possibile alla catastrofe planetaria. Né con Putin, né con Zelensky, né con Trump, né con von der Leyen, ma con un'Europa costruttrice di pace, di giustizia, nella nonviolenza attiva.

domenica 2 marzo 2025

Una Chiesa da ricostruire, sul fondamento delle sue origini

 

L'Aquila, la cattedrale durante la ristrutturazione (estate 2024)
Mentre si è vicini con il pensiero o con la preghiera a papa Francesco che sta affrontando la prova della malattia al Gemelli, la Chiesa cattolica si interroga sul proprio futuro. Ciò accade mentre anche il genere umano sta attraversando uno dei suoi ricorrenti difficili momenti. C'è il rischio, non troppo velato, di una deriva catastrofica non solo per coloro che già sono coinvolti in tante guerre e genocidi, ma per tutti.

In realtà c'è un nesso tra la sofferenza del pontefice e la drammatica ora del Pianeta. Quella di Bergoglio è stata infatti l'unica voce - tra quelle molto autorevoli - contraria alla narrazione guerrafondaia che da anni sta dominando il villaggio globale. L'affievolirsi dei suoi richiami all'intelligenza umana, alla diplomazia e al negoziato corrisponde all'indebolirsi di quella forza di speranza che è l'essenza del messaggio del Giubileo del 2025.

Quello che Francesco ha fatto capire è che quanto la Chiesa cattolica abbia bisogno di una riforma radicale, di una vera e propria ricostruzione sulla base dell'insegnamento e dell'esempio del  suo Fondatore. Per ricordare soltanto alcuni dei suoi richiami, è interessante paragonarli a quelli espressi dai suoi immediati predecessori. Se per Ratzinger era fondamentale l'affermazione della Verità filosofica e teologica, sulla linea del tradizionale aristotelismo tomista, per Bergoglio il primato spetta alla cura della persona e del creato, sulla scia degli innovativi percorsi della teologia della Liberazione. Se per il primo occorre essere fedeli ai "principi etici non negoziabili", per il secondo prevale la raccomandazione del non giudizio e dell'accoglienza dell'altro. Se Benedetto XVI contrastava il relativismo ideologico e dei costumi, Francesco contesta l'assolutismo di ogni Potere umano che genera guerra, persecuzione e fame. Se il pontefice tedesco vedeva i processi migratori come un possibile attentato alle "radici cristiane dell'Europa", quello argentino non ha mai smesso di contemplare il dolore dei migranti e di pretendere - quasi sempre inascoltato - il riconoscimento dell'universale fraternità e sororità, con il fattivo appello all'accoglienza permanente. Se Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno ribadito la centralità e l'unicità della Chiesa Cattolica come via per raggiungere la salvezza, Francesco nel suo viaggio in Indonesia è giunto ad affermare che "tutte le religioni sono delle vie per arrivare a Dio". 

Dal punto di vista teorico, sono dei cambiamenti di orizzonte molto significativi, corroborati anche dagli atteggiamenti personali. Il suo agire sobrio e simpatetico vuole far percepire quello del Papa come un ruolo che non pone la persona al di sopra degli altri, ma al contrario al servizio di tutti, come peraltro esplicitamente insegnato dallo stesso Gesù di Nazareth. "Chi vuole essere il primo, sia l'ultimo e il servo di tutti".

Ciò che Francesco non ha realizzato - probabilmente per un'oculata scelta prudenziale - è stata la trasformazione delle sue parole e dei suoi atteggiamenti in normativa canonica, in scelte destinate a influire sul futuro della Chiesa e del Mondo. La teologia dogmatica e il codice di diritto canonico non hanno compiuto passi significativi oltre al dettato dell'ormai sessantenne Concilio Vaticano II. Papa Bergoglio ha ritenuto evidentemente più urgente segnalare la necessità di intraprendere una nuova strada, piuttosto che adeguare strutture e mezzi in modo da mettersi immediatamente in cammino. Forse per questo ha rinnovato quasi completamente il collegio cardinalizio, pensando che da un futuro Conclave possa emergere il nome di un nuovo papa in grado di dare forma stabile alle sue intuizioni.

Chi verrà dopo di lui non avrà certo un compito facile. Si troverà davanti alla drammatica scelta che Francesco ha evitato di compiere. Dovrà misurarsi con una crescente opposizione di "destra" che già in questi ultimi anni ha minacciato lo scisma, in caso di fissazione di regole non corrispondenti alla presunta "Tradizione" della Chiesa. Ma dovrà tenere conto anche della maggior forza della "sinistra" che vorrebbe decisioni coraggiose portatrici di una vera Riforma generale, forse addirittura la fine della "cattolicità", in vista di un cristianesimo federale, condiviso con le altre confessioni cristiane e aperto al dialogo senza confini con le altre religioni e con l'ateismo moderno.

Come reggere un simile obiettivo, tanto più tenendo conto dell'urgenza di un tempo che richiede la capacità di risposte immediate a problemi impellenti? Come non cedere alla venefica tentazione di chiudersi negli angusti confini del Vaticano, senza partecipare all'attuale, decisivo momento della storia dell'Uomo e del Mondo?

Una sola previsione è possibile: il primo atto del nuovo Vescovo di Roma  non potrà essere che l'annuncio e poi la celebrazione del XXII Concilio Ecumenico, con la partecipazione delle altre chiese cristiane, degli osservatori delle altre religioni e concezioni della vita. Solo una gigantesca assise planetaria potrebbe offrire quell'autorità e quell'autorevolezza necessarie per intraprendere la più grande Riforma della Chiesa dai tempi di Lutero fino ai nostri.

sabato 1 marzo 2025

Verso la fine della guerra In Ucraina?

 

Nell'effimero mondo delle news a effetto, questo sabato ha visto sparire dall'orizzonte il genocidio di Gaza e le pulizie etniche perpetuate da Israele in Cisgiordania, la paura dei dazi astronomici, le manifestazioni di piazza promosse dai giovani in Serbia, in Grecia e altrove (peraltro in generale già quasi del tutto oscurate dai media italici), la salute di papa Francesco...

Di cosa tutti parliamo, schierandoci radicalmente divisi, con posizioni dirompenti che attraversano gli schieramenti di destra e di sinistra?

Di una rude chiacchierata che ha visto confrontarsi due guitti, Zelensky da una parte e Trump dall'altra. Premetto tutta la possibile profonda preoccupazione e antipatia nei confronti del neopresidente americano e l'orrore per le sue posizioni relative al futuro del Medio Oriente e più in generale del mondo. Tuttavia, in questo specifico contesto, nel quale i signori del mondo discutono fra loro come se si trovassero in un reality show, c'è anche da sottolineare qualche nuovo elemento, non si sa bene se foriero di speranza o di angoscia.

Lo scontro è avvenuto intorno alla guerra in Ucraina. Una parte dello stupore deriva dalla trasparenza con la quale Trump ha fatto capire all'interlocutore che la questione è basata esclusivamente sulla tutela degli interessi economici e strategici delle parti. Non c'è più bisogno di mascherare il tutto con richiami all'autodeterminazione delle nazioni o al (purtroppo mai esistito) diritto internazionale. Qui si tratta di vedere, parafrasando il passaggio più impressionante dello scontro, chi ha le carte e chi non le ha. E chi non le ha, non può fare altro che prenderne atto e cercare un cessate il fuoco, prodromo di un accordo che sia il meno penalizzante possibile. Per di più deve tenere conto di tutti gli europei, interessati a fare affari quanto gli americani. Anche essi, dopo aver dilapidato le proprie sostanze per il superstar ucraino, passeranno alla cassa pretendendo anch'essi la restituzione. 

Si capisce la rabbia di coloro che hanno voluto sostenere Zelensky in tutti questi ultimi tre anni, di chi ha voluto che fossero investiti miliardi di dollari e di euro per rendere cronica una guerra che più inutile strage e orrenda carneficina di così non avrebbe potuto essere. Ora arrivano l'emblema del male planetario, il rozzo tycoon  e il suo vice a suggerire niente di più e niente di meno di ciò che hanno detto - essi sì per motivi prioritariamente etici - papa Francesco e gli assertori di un percorso alternativo, fin dal giorno successivo all'intervento russo in Ucraina: l'unica strada possibile per la risoluzione del conflitto erano e continuano a essere la diplomazia e il negoziato. 

Il problema è lo stesso di tre anni fa. Si vuole che questa guerra prosegua all'infinito, senza un'apparente possibilità di conclusione, una voragine che inghiotte ogni giorno centinaia di poveri ragazzi inviati al fronte senza sapere bene perché? Oppure si spera che questa carneficina possa finire, magari grazie all'intervento di un Trump qualsiasi - in altri ambiti iperguerrafondaio - in grado di convincere Zelensky, con la chiusura del rubinetto dei dollari e delle armi, a concordare un immediato cessate il fuoco e a sedersi sul tavolo della diplomazia? Ma in grado di convincere anche il cinico, altrettanto macellaio zar Putin, a sedersi intorno allo stesso tavolo per ridiscutere le proprie mire sulle regioni orientali dell'Ucraina?

Ci si stracci le vesti quanto si vuole, ma le posizioni degli uni e degli altri, stanno tutte nella risposta a questa drammatica domanda.