venerdì 20 agosto 2021

Ancora sull'Afghanistan, il dramma della sofferenza individuale

Come sempre accade, la guerra mediatica si basa sugli universali. L'Afghanistan, visto da lontano, appare in questi giorni come un campo di battaglia tra enti astratti. C'è un governo, per lo più fuggito all'estero - si vocifera anche dei classici conti in varie banche - spodestato da una breve insurrezione nella quale non c'è stata praticamente opposizione armata. L'esercito ufficiale, rifornito e addestrato negli ultimi venti anni dai migliori strateghi militari del Mondo che hanno giustificato anche con questo obiettivo la loro presenza, si è dissolto come neve al sole. Poi c'è il "popolo", del quale si ergono a difesa i paladini della cosiddetta "libertà", la destra islamofoba, la sinistra anticapitalista, il cattolicesimo bergogliano. Ma quale "popolo"? Chi è il "popolo"? La gente che si aggrappa agli aerei? Le donne che temono per la loro incolumità? I bambini gettati tra le braccia dei soldati americani? Coloro che accolgono i Talebani come liberatori? I Talebani stessi che conquistano un potere dal quale erano stati estromessi venti anni prima, ma i cui padri e nonni avevano combattuto in tutti gli anni '80 contro i sovietici e anche allora contro l'esercito governativo, per difendere la loro visione religiosa del mondo? E quella volta, dovendo scegliere tra la realizzazione di un sistema comunista e le minacce del fondamentalismo islamico, gli "occidentali" avevano scelto molto chiaramente di armare abbondantemente i mujaheddin per consentire loro una guerriglia paragonabile a quella subita dagli Usa in Vietnam.
In realtà, cosa sappiamo veramente? Possiamo credere che la realtà sia quella descritta nelle sempre uguali immagini televisive o nei commenti dei giornalisti che scrivono su tastiere situate a una distanza di duemila chilometri dagli eventi? Ovviamente ci sono (poche) eccezioni, da cercare con cura e soprattutto ci sono i testimoni, che hanno un volto, una voce, spesso un corpo martoriato dalla violenza individuale e un'anima umiliata da tante vessazioni.
Ciò che sappiamo ed è certo il punto di partenza di ogni altra analisi è la sofferenza individuale. Non si tratta della "gente", dei "fondamentalisti" o dei "governativi". Si tratta della persona concreta, che vive qua e ora, che interpella il mio modo di essere e di pensare.
A differenza di altri periodi, la persona nella sua concretezza non è distante, ma vive con me, condivide il mio ordinario e quotidiano esserci in questo mondo.
In particolare è terribile il dolore degli amici afghani che con grandi difficoltà sono riusciti a entrare in Italia e a chiedere rifugio, proprio perché minacciati di persecuzione dai Talebani. Abbiamo ascoltato le loro storie spesso in questi ultimi anni, a volte ci siamo perfino permessi di metterle in dubbio - crediamo nella Verità della televisione e non nello sguardo a una schiena o a un occhio devastati dalle frustate della polizia sul confine tra Bosnia e Croazia! 
Molti di loro hanno lasciato moglie, figli piccoli, genitori anziani, custoditi da un fratello o una sorella ritenuti più fortunati perché tutelati dal loro lavoro con i contingenti stranieri sul territorio afghano. E ora i custodi sono fuggiti con il primo aereo utile, lasciando lì, senza protezione, donne e bambini in balia di possibili vendette e ritorsioni.
Questa è la concretezza del momento, alla quale l'Italia e l'Europa devono immediatamente dare risposta, sciogliendo i milioni di vincoli burocratici che rendono problematica e spesso impossibile l'accoglienza, favorendo dei flussi migratori a misura di bambini, avviando finalmente rapide decisioni politiche a favore del lavoro, della casa, dei ricongiungimenti familiari.
Nell'incertezza e nel disagio del momento, davvero ognuno può fare la sua parte. Se "accoglienza" e "integrazione reciproca" non sono solo belle parole, occorre davvero abbattere mura e reticolati, vecchi e nuovi, aprire le porte, iniziando rispondendo al dolore di chi segue le vicende da lontano ed è terrorizzato al solo pensiero di cosa possa accadere alle persone più care.

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